Tennis, Sinner torna sul caso doping: «Non ho fatto nulla di male». Impatto sugli Us Open? «Non è certo la vigilia ideale per uno Slam»
Sta per iniziare il quarto e ultimo Slam della stagione. Sul cemento newyorkese di Flushing Meadows, Jannik Sinner si presenta come testa di serie numero uno. Ma prima ancora di scendere sui campi degli Us Open, l’altoatesino ha ammesso di non essere nella sua forma migliore. Problemi fisici? Non proprio: è il caso doping emerso ad agosto – ma relativo agli scorsi Indian Wells – ad aver influenzato la preparazione dell’atleta. «Non è certo la vigilia ideale per uno Slam, ma so che non ho fatto niente di male», ha detto Sinner. Comunque, «è un sollievo essere stato assolto, cercherò di fare il meglio in questo torneo».
Riguardo alle indagini partite dopo la sua positività al clostebol – per la quale ha licenziato dal team fisioterapista e preparatore atletico – ha spiegato: «È stato un processo lungo, ho dovuto farci i conti per mesi. Ho dovuto prendere decisioni difficili in base all’esito. Ci sono date che devi rispettare durante il procedimento, non puoi decidere quando la notizia viene fuori e quando no. Felice che sia finita, è un sollievo per me e per la mia squadra». Della quale, ormai, non fanno più parte il preparatore atletico Umberto Ferrara e il fisioterapista Giacomo Naldi.
Sul loro conto, però, Sinner ha speso innanzitutto belle parole: «Per prima cosa voglio dire che hanno avuto un ruolo notevole nella mia carriera. Abbiamo lavorato insieme due anni, abbiamo fatto un lavoro incredibile insieme, con grandi successi. Ora per via di questi errori non sento più la fiducia per continuare con loro». Tornando sullo svolgimento del processo, Sinner ha ricostruito la vicenda: «Quando siamo stati informati della positività, la prima cosa che abbiamo fatto è stata provare a capire quale fosse la sostanza. Abbiamo chiesto a Umberto, perché è quello che conosce bene queste cose. Ha capito subito che si trattava del suo spray e come era finito nel mio organismo».
Prosegue Sinner: «Umberto a spiegato tutto subito ai giudici, per questo ho potuto continuare a giocare. Naturalmente dietro le quinte dovevamo anche cercare di capire cosa sarebbe potuto succedere in futuro, ma se ho potuto giocare è stato perché hanno creduto in me, in noi». Il tennista ha sottolineato di aver provato molta preoccupazione: «Era la prima volta che mi succedeva e spero che sia l’ultima. C’è anche da considerare la concentrazione, 0.000000001, ci sono tanti zeri prima di arrivare all’uno. Ma ero preoccupato perché metto sempre molta attenzione a queste cose, sono attento, corretto in campo».
E ha concluso: «Ho continuato a giocare perché so di non aver fatto niente di male, di essere sempre stato un giocatore pulito. Chiaramente questa notizia può cambiare qualcosa, ma chiunque mi conosce bene sa che non farei mai nulla contro le regole. Rimane un momento molto duro per me e per il mio team. Qui capisco anche chi sono i miei amici e chi no. Per la reputazione vedremo, non è una cosa che posso controllare. Però sono contento di essere qua – a New York – e di giocare l’ultimo Slam di quest’anno, forse il più importante torneo da qui a fine anno».
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