Di Maio e i veleni in casa M5s: «Grillo non ha più coraggio, Conte gli porterà via pure l’argenteria»

L’ex capo politico pentastellato, ora inviato speciale Ue per il Golfo, interviene sulla bagarre all’interno del Movimento. Bordate per il fondatore

Mentre è in partenza per l’Arabia Saudita, Luigi Di Maio, ex capo politico del Movimento Cinque Stelle e attuale inviato speciale Ue per il Golfo, entra a gamba tesa nella diatriba in corso tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo. Oggetto del contenzioso è il futuro del Movimento, compresa la possibilità di cambiare il nome e il logo del partito. Uno scenario che Grillo vede come fumo negli occhi, e al quale è aperto invece Conte se la prevista assemblea (ri)costituente prevista in autunno riterrà opportuno il cambiamento. E allora Di Maio, in un’intervista all’Adnkronos, spariglia tutto e chiarisce: «Grillo può fermare Conte, ma non lo farà. Ha almeno 300mila ragioni, Giuseppe gli porterà via l’argenteria» (il riferimento al veleno è al contratto di consulenza da 300mila euro per la comunicazione che Grillo ha in essere col M5s).


I poteri di Grillo

«Sono giorni che alcuni esponenti del Movimento continuano a citarmi sui giornali»: per questo Di Maio si è deciso a parlare. E ciò che ha da dire non sono di certo parole al miele per Grillo: «Non ha il coraggio di prendere iniziative. Altrimenti lo avrebbe già fatto. Nell’estate del 2021 quando negoziai l’accordo tra Conte e Grillo, abbiamo dato a Beppe un potere enorme che ha sprecato, lasciandolo inutilizzato
una prerogativa oserei dire papalina: il potere di interpretazione autentica, non sindacabile, delle norme dello statuto», riavvolge il nastro l’ex ministro degli Esteri. Un potere quindi fondamentale nell’annosa questione sulla possibilità di modifica di nome, simbolo e norma del secondo mandato. «Fino ad ora Grillo ha soltanto fatto qualche appello agli iscritti a mezzo blog per accontentare gli ex parlamentari che lo bombardano di telefonate ogni giorno (un classico delle decisioni di Beppe). Ma mi risulta non abbia ancora formalizzato a Conte un atto con l’interpretazione secondo cui non si possano indire votazioni sui due mandati e il simbolo, in quanto principi costitutivi della forza politica. E dubito che lo farà».


La “sentenza” su Grillo

Ma perché Grillo preferisce non utilizzare questa deroga? A questo punto Di Maio scende nell’ironia: «Sembra che Grillo abbia smarrito il suo coraggio. E forse le ragioni sono almeno 300.000… (il riferimento è al contratto per la comunicazione ottenuto dal garante, ndr). In pochi mesi Conte gli porterà via anche l’argenteria. E poi gli cancellerà il contratto di consulenza. Triste direi». E cosa pensa Di Maio della regola del doppio mandato? «Io penso da tempo che vada superata. È l’unico modo per assicurare pluralità al Movimento contro l’attuale verticisimo. Consentirebbe a persone di esperienza, se gli elettori vorranno, di tornare nelle istituzioni», spiega.

La clausola ultimativa

Il deputato e notaio Alfonso Colucci in un’intervista al Corriere della Sera aveva però citato una clausola riservata che limiterebbe il potere “d’interpretazione” di Grillo: non potrebbe rivendicare il possesso del simbolo che rappresenta il Movimento. Su questo Di Maio sottolinea: «Sinceramente un Movimento che fa della trasparenza il suo motto numero uno dovrebbe pubblicare tutti gli atti sul suo sito internet. Oppure questo atto è valido solo finché è riservato?». E chiarisce quindi il vero obiettivo dell’ex premier: «Conte deve solo assicurarsi che nessuno usi il simbolo contro di lui nelle future campagne elettorali. Già durante lo scontro Grillo-Conte del 2021 alcuni sondaggisti dissero a Conte “se cambi il simbolo puoi prendere anche più voti, ma devi assicurarti che nessuno competa contro di te con quello vecchio”. Ecco perché Conte vuole ‘cambiare’ il simbolo senza lasciare il partito. Tanto sa di avere tutti gli eletti dalla sua parte e gran parte degli iscritti». Infine, la sfilettata che sa di pietra tombale sul futuro politico del garante: «Grillo non lo segue più nessuno».

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