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Gaza, nubi nere sul cessate il fuoco. I negoziatori lasciano Il Cairo. Hamas: «No alle condizioni di Israele»

25 Agosto 2024 - 20:12 Redazione
Un funzionario del movimento terroristico ha negato ogni passo avanti nella trattativa: «L'ottimismo Usa? È tutta campagna elettorale»

Si è conclusa una nuova giornata di negoziati al Cairo su Gaza e sul cessate il fuoco nella Striscia. La delegazione israeliana, guidata dal capo del Mossad David Barnea e da quello dello Shin Bet Ronen Bar, ha fatto ritorno in patria, come riporta Haaretz. Le altre delegazioni al tavolo erano quello di Usa, Qatar ed Egitto, mentre Hamas veniva informata costantemente dai mediatori. Secondo le prime voci che trapelano, tuttavia, anche questa volta le parti sembrano essere rimaste ancora lontane da un’intesa. Hamas respinge le nuove condizioni volute da Israele a integrazione della proposta negoziata sino al 2 luglio, ha detto il funzionario del movimento terroristico Osama Hamdan all’emittente Al-Aqsa TV. Nulla di nuovo sotto il sole, insomma. Secondo l’esponente di Hamas, i proclami ottimistici degli americani non sarebbero riconducibili ad altro se non alla campagna elettorale in corso per la Casa Bianca.

Il contesto critico e le speranze deluse

I negoziati si sono svolti nelle ore in cui la tensione al nord saliva ai massimi livelli dal 7 ottobre, con l’operazione preventiva di Israele per respingere l’attacco progettato da Hezbollah contro lo Stato ebraico. Nelle scorse ore Il quotidiano saudita al Hadath aveva riferito che gli egiziani hanno chiesto a Israele di rinunciare al controllo del valico di frontiera durante i primi giorni di un eventuale cessate il fuoco. I mediatori egiziani intanto, in vista del vertice di oggi, hanno tentato di ridurre le distanze tra Israele e Hamas e di fare pressione su Tel Aviv affinché elimini gradualmente la presenza delle sue truppe lungo la rotta Filadelfia, la zona cuscinetto tra Gaza e il Sinai egiziano. I funzionari del Cairo avrebbero detto a Hamas di essere d’accordo con la sua posizione di rifiuto di qualsiasi presenza israeliana permanente lungo il corridoio di confine.

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