Dalla scommessa di «Sotto questo sole» al perché Cremonini ha scritto «50 Special»: la top ten dei tormentoni anni Novanta – La serie

Luca Carboni – Mare mare (1992)

Mare mare è stata partorita, portata alle nostre orecchie e amata in maniera piuttosto lineare. Luca Carboni ai tempi non era una meteora come tanti altri hitmaker stagionali lo erano prima e lo saranno dopo di lui, ma un artista già ampiamente strutturato e amato. Il singolo anticipava l’uscita del suo quinto album, Carboni, una perla che conteneva pezzi meravigliosi come Ci vuole un fisico bestiale, Le storie d’amore, La mia città e L’amore che cos’è. Il pubblico si era già affezionato negli anni precedenti a canzoni come Fragole buone buone, Silvia lo sai, Farfallina e Vieni a vivere con me. Tutte espressioni di una malinconia meravigliosamente tangibile, per questo Carboni circa vent’anni dopo sarà considerato il padre spirituale della generazione degli indie, perché venne recuperata (ne avevamo bisogno) quella sua poetica così terrena e accessibile. In quest’ottica andrebbe analizzata Mare mare, che è un brano che spurga una solitudine devastante, che con piglio cinematografico ti tira su una moto verso il mare, alla ricerca di una donna che non viene trovata, e un uomo si ritrova solo, nel bel mezzo della frivolezza dell’estate, escluso da un sentimentalismo sbagliato, fuori stagione, fuori tempo massimo. Il mare di Mare mare è nemico, rappresenta allo stesso tempo quella vita dalla quale alle volte si vuole sfuggire e quel potenziale di romanticismo che, nonostante tutto, per questo lo amiamo, rimane infinito. Di Mare mare, nelle orecchie della gente rimarrà solo quel lampo di ottimismo «Ma che voglia di arrivare!», permettendoci di inserirlo così nella categoria dei tormentoni che sanno di tormentone ma non sono stati scritti con l’obiettivo di essere un tormentone. Ma anche nella categoria dei tormentoni che sono delle canzoni intrise di tale significato che travalicano i confini di qualsiasi categoria.