Donne chiuse in casa, giochi proibiti, polizia morale onnipotente. Così tre anni dopo il ritiro Usa i Talebani riportano l’Afghanistan al Medioevo

Una nuova legge del regime di Kabul inasprisce prescrizioni e divieti della Sharia. L’allarme di Onu e Ue: «Proibito pure ascoltare la voce femminile, ora basta»

A tre anni dal rocambolesco ritiro americano dall’Afghanistan, i Talebani compiono un altro decisivo passo verso la Restaurazione: di quel regime politico-giuridico basato su un’applicazione rigidissima della sharia che ne fece sul finire degli anni ’90 probabilmente il Paese forse più oppressivo della Terra, certamente nei confronti delle donne, oltre che un santuario per il terrorismo internazionale. Nei giorni scorsi il regime di Kabul ha infatti promulgato una nuova legge volta alla “promozione della Virtù ed eliminazione del Vizio” che secondo gli osservatori internazionali promette di fornire alle “guardie morali” talebane poteri pressoché illimitati per reprimere ogni forma di dissenso e di “malcostume”. E la prima categoria a fare le spese dell’ulteriore inasprimento delle norme – in un clima già da tempo fattosi di nuovo irrespirabile – sarà come sempre quella femminile. Con due fronti di guerra devastanti aperti in Europa orientale e in Medio Oriente, gli occhi e le menti dell’Occidente hanno dimenticato da tempo quella ferita riapertasi clamorosamente il 15 agosto 2021 – con il ritiro trasformatosi in imbarazzante ritirata dalle forze Usa. E ora l’Onu si sgola per provare a ricordarne l’urgenza alla luce delle gravissime violazione dei più elementari diritti.


Catalogo dell’orrore

La nuova legge predisposta dall’omonimo ministero degno di George Orwell consta di un preambolo, quattro capitolo e 35 articoli. La guida suprema dei Talebani Hibatullah Akhundzada l’ha promulgata in via ufficiale lo scorso 21 agosto, ordinando che le sue prescrizioni si applichino ad ogni luogo del Paese e ad ogni persona vi risieda, stranieri compresi. La sharia (legge islamica) è stata dichiarata nuova fonte generale del diritto dai Talebani già nell’agosto 2021, subito dopo aver ripreso il controllo del Paese. Ma ora si mette nero su bianco un’interpretazione quanto mai oscurantista, come riportano diversi specialisti internazionali della materia e la testata specializzata Hasht e Subh. Ecco le principali prescrizioni e divieti previsti:


  • Le donne possono uscire di casa soltanto con corpo e volto coperto, di modo da evitare ogni tentazione
  • Per le stesse ragioni alle donne è fatto divieto di guardare uomini con cui sono imparentate, e viceversa
  • Le donne possono viaggiare su mezzi di trasporto solo se accompagnate da un “guardiano” uomo
  • Anche la loro voce è considerata awrah (parte intima). Essa non può dunque essere ascoltata in pubblico – è compresa anche la musica con voci femminile – se non “in caso di necessità”
  • Qualsiasi gioco o forma d’intrattenimento è haram (proibito)
  • Agli uomini è fatto divieto di tagliare la barba più corta di un pugno, e di portare tagli di capelli “all’occidentale” per evitare di imitare lo stile degli infedeli
  • Non è consentito loro neppure portare cravatte, indicate come simbolo della croce
  • È proibito pubblicare foto o immagini di qualsiasi essere umano
  • La polizia morale del regime, chiamata Muhtaseeb, può eseguire controlli a discrezione per verificare l’aderenza dei cittadini alle norme, anche introducendosi nella loro sfera privata, ispezionando computer e pc. Se ritiene di aver individuato comportamenti “immorali”, può arrestare i sospetti e condurli preventivamente in carcere per un periodo compreso tra un’ora e tre giorni

La denuncia della missione Onu

A lanciare l’allarme sugli effetti devastanti della nuova normativa è stata nella giornata di domenica la missione Onu in Afghanistan. La nuova legge promulgata dai Talebani tratteggia «una visione terrificante del futuro dell’Afghanistan, in cui ispettori morali hanno poteri discrezionali di minacciare o arrestare chiunque sulla base di un’ampia e a volte vaga lista di infrazioni», ha accusato dopo una prima valutazione del testo il rappresentante speciale Onu nel Paese Roza Otunbayeva, ricordando come, peraltro, esso incida su un contesto già gravemente deteriorato nell’ultimo triennio, specialmente per le donne. La legge «estende le restrizioni già intollerabili ai diritti di donne e ragazze afghane, indicando perfino il suono della loro voce fuori casa come una violazione morale». L’impatto delle nuove norme può essere devastante, insomma, è l’appello alla distratta comunità internazionale. «Dopo decenni di guerra e nel pieno di una terribile crisi umanitaria, gli afghani meritano molto di meglio di vedersi minacciati o incarcerati se arrivano in ritardo alle preghiere, gettano uno sguardo su una persona del sesso opposto o hanno in tasca la foto di un loro caro», conclude la denuncia l’inviato Onu.

La condanna Ue

A farsi sentire oggi è stata anche l’Unione europea, se non altro con una dichiarazione dell’Alto rappresentante per la politica estera Josep Borrell a nome dei 27. L’Unione europea è «inorridita» dalla nuova legge, che «conferma ed estende severe restrizioni sulla vita degli afghani imposte dai Talebani» e rappresenta «un altro serio colpo ai diritti di donne e ragazze afghane, che non possiamo tollerare». Da qui l’appello Ue ai Talebani a «porre fine a questi abusi sistemici e sistematici su donne e ragazze afghane, che potrebbero costituire una persecuzione di genere, un crimine contro l’umanità secondo lo Statuto di Roma della Corte penale internazionale, di cui l’Afghanistan è Stato firmatario.

Portare i Talebani alla sbarra?

Proprio sulla mobilitazione della macchina della giustizia penale internazionale richiamano da mesi in effetti tanto le reti di attiviste afghane all’estero quanto il relatore speciale Onu per i diritti umani in Afghanistan Richard Bennett, che la scorsa primavera ha firmato un rapporto durissimo sulla situazione dei diritti umani nel Paese, descrivendo un «sistema istituzionalizzato di discriminazione, segregazione, mancato rispetto della dignità umana ed esclusione di donne e ragazze». Per Bennett, cui i Talebani hanno proprio pochi giorni fa vietato ogni futuro ingresso nel Paese, la strada maestra da seguire è quella di codificare l’apartheid di genere come crimine contro l’umanità – come ricordava in una recente analisi Ispi Giuliano Battiston, giornalista e analista esperto di Afghanistan. Solo così, è il ragionamento, si potrà arrivare con l’impegno della comunità internazionale a portare il regime talebano a rispondere delle devastanti conseguenti della loro perfetta Restaurazione di fronte ai tribunali internazionali. Sempre di essere disposti a non girare la testa da un’altra parte.

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