Macron esclude un governo di sinistra, la furia della France Insoumise: «Ha tradito gli elettori, ora una mozione per destituirlo»

Dopo il giro di consultazioni il capo dell’Eliseo giudica impercorribile la strada di un esecutivo del Nouveau Front Populaire e prova a disegnare un altro scenario. Apriti cielo (a sinistra)

Dopo otto settimane di attese, silenzi, passi in avanti e tatticismi, la crisi politica in Francia rischia di avvitarsi su se stessa. Al presidente Emmanuel Macron, chiuse le urne le legislative il 7 luglio, spettava il complicato compito di trovare una quadra, individuando il nome del (o della) primo ministro in grado di coagulare attorno a sé una maggioranza. Ma quale? Il secondo turno delle elezioni anticipate indette dopo le Europee dallo stesso Macron aveva riservato la sorpresa dell’exploit del Nouveau Front Populaire, il blocco delle sinistre formato d’urgenza per fermare l’avanzata del Rassemblement National di Le Pen e Bardella. Missione compiuta, anche grazie alle “desistenze” tattiche in molti collegi in convergenza con il blocco centrista fedele a Macron. Missione compiuta: l’RN era rimasto tagliato fuori, solo terzo con 143 seggi dietro al vincente NFP (182 seggi) e persino al redivivo Ensemble (168 seggi). Buona notizia per la salute della democrazia, per lo meno secondo gli anti-lepenisti. Ma quadro politico da rebus, con una maggioranza a prima vista introvabile nel nuovo Parlamento. Un po’ per far decantare la situazione e un po’ per prendere tempo, Macron aveva nei giorni seguenti deciso di tenere congelate le dimissioni del fedele Gabriel Attal, per lo meno per il tempo delle Olimpiadi. Ora però, chiusa la grande kermesse di Parigi 2024, il capo dell’Eliseo ha dovuto riprendere il filo della matassa. Ma le sue prime mosse hanno mandato su tutte le furie proprio i vincitori relativi delle elezioni, quelli del NFP.


Consultazioni, quoi?

Venerdì scorso Macron ha aperto le danze di un esercizio sostanzialmente inedito nella storia della Quinta Repubblica francese, costruita da De Gaulle per essere sinonimo di stabilità: le consultazioni. Vai quindi alla sfilata dei partiti rappresentati in Parlamento per capire come e con chi possa formarsi una nuova maggioranza. Venerdì, appunto, all’Eliseo è arrivata la corazzata Potemkin del Fronte Popolare, chiassoso e diviso nelle settimane dopo il voto ma alla fine in grado di accordarsi su un nome comune di candidata premier, l’economista Lucie Castets. Quindi ha visto i rappresentanti del “suo” campo centrista. Oggi, nella seconda giornata di colloqui, l’incontro all’Eliseo con i nemici giurati Marine Le Pen e Jordan Bardella, poi con il loro alleato Eric Ciotti. Ultimo a vedere il capo dello Stato, il premier uscente Attal. Poche ore più tardi, Macron ha infine reso noto l’esito delle sue consultazioni. Impossibile veda la luce un governo guidato dal NFP, ha fatto sapere il capo dell’Eliseo in un comunicato diffuso sul far della sera. Stando a quello che gli avrebbero riferito diversi altri gruppi politici, esso infatti «sarebbe immediatamente censurato da tutti gli altri gruppi rappresentanti all’Assemblée nationale». È quello che hanno promesso di fare sia il blocco guidato da Bardella che quello centrista in caso di esecutivo di cui faccia parte la fazione di ultrasinistra de La France Insoumise. «La stabilità istituzionale del nostro Paese impone dunque di scartare quest’opzione», conclude lapidario Macron.


La forzatura di Macron e l’ira degli Insoumis

Il capo dell’Eliseo non si è limitato ad escludere uno scenario, ma ne caldeggia ormai apertamente un altro, in vista del secondo giro di consultazioni che annuncia aprirà fin da domattina: quello di un’ampia coalizione di centro che vada dalla sinistra (senza gli Insoumis) alla destra conservatrice, passando per i suoi centristi. Questi ultimi hanno dato il loro via libera all’ipotesi, fa sapere. «Il Partito socialista, gli ecologisti e i comunisti al momento non hanno proposto alcun cammino per cooperare con le altre forze politiche. È tempo che lo facciano», si spinge a dire nella nota pubblica Macron. Apriti cielo. Il Nouveau Front Populaire ora denuncia a voce alta il tradimento del mandato elettorale del 7 luglio, e gli Insoumis guidati da Jean-Luc Mélenchon sono letteralmente sul piede di guerra.

Politica o golpe?

«Censura, mobilitazione, destituzione!», “urla” via social il luogotenente di Mélenchon, Manuel Bompard, annunciando l’intenzione – già ventilata la scorsa settimana di presentare una mozione in Parlamento per destituire Macron. L’equivalente della procedura di impeachment negli Usa, o della messa in stato d’accusa in Italia: l’acme della gravità. Non solo, gli Insoumis annunciano pure che presenteranno una mozione di sfiducia contro qualsiasi proposta di primo ministro che non risponda al nome di Lucie Castets. «La gravità del momento esige una risposta decisa della società francese contro l’incredibile abuso di potere autocratico di cui è vittima», spara in conclusione Bompard, richiamando «tutte le organizzazioni che tengono alla democrazia ad unirsi per far fronte e costringere il presidente a riconoscere il risultato delle elezioni». Domani è un altro giorno, ma il clima di fine agosto in Francia – per lo meno politico – torna a farsi infuocato.

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