Sorpresa, ora gli archeologi trovano lavoro: crescono compensi e richieste delle aziende (grazie anche al Pnrr)

Un’indagine dell’associazione di categoria mostra che molti lavoratori sono donne, giovani e con alti livelli di istruzione

Per la prima volta, la domanda di archeologi in Italia ha superato l’offerta. A dieci anni dalla legge che ne ha riconosciuto la figura professionale, la 110/2014, gli archeologi sono sempre più richiesti sul mercato del lavoro. A svelarlo sono i dati raccolti dall’Ana, l’Associazione Nazionale Archeologi, che saranno presentati il 31 agosto alla Sapienza di Roma durante l’annuale convegno della European Association of Archaeologists. La spinta inaspettata per questa figura professionale arriva dai progetti del Pnrr, che spesso necessitano anche del lavoro di un archeologo per superare le fasi di permessi e autorizzazioni.


Chi sono gli archeologi in Italia

L’indagine dell’Ana ha coinvolto 1.080 professionisti, su un totale di circa 5-6mila archeologi attivi in Italia. Quasi due lavoratori su tre (il 65%) sono donne, mentre il 63% della categoria è composto da under 40. Quasi tutti hanno un livello di istruzione alto, con l’88% che ha conseguito o sta conseguendo un titolo di studio post laurea triennale. Dei circa 5mila archeologi presenti in Italia, oltre il 75% lavora nel privato, spesso a Partita Iva. Il restante 25% lavora nel pubblico, ma solo nel 17% dei casi come dipendente subordinato.


La crescita del fatturato

La corsa di aziende ed enti pubblici per trovare archeologi ha portato anche a un netto aumento dei compensi. Nel 2011, solo il 12% dei lavoratori di questa categoria dichiarava un fatturato lordo annuo di almeno 15-20mila euro. Oggi quasi la metà degli archeologi (il 48,6%) dichiara di fatturare tra i 18 e i 24mila euro all’anno, mentre il 9,3% registra compensi di oltre 4mila euro lordi al mese. La maggiore dinamicità del mercato del lavoro ha portato anche a tassi di occupazione più alti per chi esce dalle università. L’ultima indagine dell’Ana mostra che, tra chi ha conseguito la formazione specifica, il 76% dichiara di fare l’archeologo come unica attività professionale.

La spinta del Pnrr

Ma quali sono le ragioni che spiegano il boom di archeologi in Italia? Marcella Giorgio, neo presidente dell’Associazione Nazionale Archeologi, ne individua tre: «Gli sviluppi sull’archeologia preventiva, i progressi normativi sul riconoscimento professionale e i progetti Pnrr». Eppure, Giorgio sottolinea anche che «il malessere di un passato critico, percepito come ancora molto vicino, ha lasciato una percezione di negatività diffusa in molti colleghi» e che per questo è importante mettere a fuoco gli obiettivi per il futuro. Le priorità sono le seguenti: «Un mercato del lavoro sempre più sano ed equamente regolamentato dal punto di vista di tariffe e condizioni lavorative, il riconoscimento sociale delle competenze di un archeologo nella gestione di territori e comunità, fino all’istituzione di un ordine professionale che possa riconoscere la complessità della professione di archeologo garantendone i diritti», spiega la presidente dell’Ana.

Foto di copertina: Dreamstime/Irina Magrelo

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