Sharon Verzeni, l’assassino ha “schivato” 60 telecamere: «O è stato fortunato o sapeva dov’erano»

Due vie di fuga di 850 metri da via Castegnate. Una porta a casa della coppia. L’alibi del fidanzato e la frase della vittima prima di morire

850 metri e 60 telecamere. Chi ha ucciso Sharon Verzeni in via Castegnate 32 a Terno d’Isola nella notte tra il 29 e il 30 luglio scorsi forse è stato molto fortunato. Oppure aveva un piano dall’inizio. Perché è riuscito a schivare per lo meno gran parte dei dispositivi per la registrazione che si trovavano sul percorso della vittima da casa sua in via Merelli, dove abita anche il compagno Sergio Ruocco. E perché dal luogo del delitto ci sono due vie di fuga, entrambe lunghe meno di un chilometro e anch’esse non coperte dalle telecamere. Molto probabilmente l’assassino ha preso una delle due. Forse proprio quella che porta davanti la casa della coppia? E poi c’è l’uomo in bicicletta. È stato ripreso da un filmato a 400 metri dal civico del delitto. Potrebbe essere l’assassino o un testimone. Ma non è ancora stato trovato


Le vie di fuga

Dalla scena del crimine le vie di fuga non coperte da telecamere sono sostanzialmente due. Una, spiega oggi il Corriere della Sera, è quella che attraverso un cortile condominiale in via Castegnate sbuca su via Rota. Da lì, si immette in un’ampia zona di verde. Non coperta da telecamere. E dalla quale ci si può spostare in ogni direzione. L’altra via di fuga è quella dal luogo del delitto porta su via Casolini attraverso via Primo Maggio. E arriva sino a via delle Gere e su via Marelli. Al 28E abitavano Sharon e il compagno. Anche se, ci tengono a precisare gli investigatori, lungo quel percorso ci sono telecamere private che non sono visibili dalla strada. Un altro dettaglio emerso in queste ore è l’orario in cui i carabinieri sono arrivati a casa di Ruocco. Alle 4 del mattino, ovvero circa tre ore dopo l’omicidio. Intanto dai racconti dei vicini di casa emergono le abitudini di Verzeni.


Le 60 telecamere

La ragazza infatti usciva spesso «tardi la sera. Faceva praticamente la stessa strada. Anche in inverno si incamminava al buio con il piumino addosso». Le stranezze segnalate dai genitori agli inquirenti sembravano quindi essere la norma per Sharon. Mentre in base alle risultanze dell’autopsia quella che l’ha uccisa sarebbe l’aggressione violenta di una persona comune. E non di un killer professionista, come si era ipotizzato in un primo momento. Lungo il percorso ci sono 60 telecamere tra dispositivi pubblici e privati. Una quarantina sono le sagome immortalate. Trenta gli identificati. All’appello mancano dieci persone, tra cui l’uomo in bici. Sulla scena, come sappiamo, di videocamere non ce ne sono. E questo fa pensare che l’assassino sia stato molto, molto fortunato. Oppure che sapesse come muoversi perché conosceva bene la zona.

L’alibi di Ruocco

Proprio a causa delle tre ore di buco tra l’omicidio e la visita in via Castegnate l’alibi di Ruocco è solido ma non a prova di bomba. Dalla sua abitazione, è il ragionamento, avrebbe potuto uscire dal retro evitando la telecamera che si trova davanti a casa sua. Ma in questo caso avrebbe lasciato delle tracce sulla vegetazione e avrebbe potuto graffiarsi scavalcando la siepe. E i militari l’hanno fatto spogliare non trovandogli nessuna ferita addosso. Un’altra ipotesi è quella dello sconosciuto che abita nelle vicinanze. E che quindi potrebbe essere sfuggito alle telecamere nel modo più semplice: rientrando in casa. «I carabinieri dovrebbero cercarlo in questi palazzi», dicono i residenti. Ma in questo caso mancherebbe comunque un movente: perché uccidere una ragazza senza rapinarla, se si tratta di un balordo?

«Mi ha accoltellato»

Gli inquirenti si concentrano anche sulla frase che Verzeni ha detto al telefono al 112. «Mi ha accoltellato» è una frase che sembra riferirsi a una persona da lei conosciuta. Ruocco non è indagato e ieri non è stato convocato dai carabinieri. Dalla notte dell’omicidio della compagna, esattamente quattro settimane fa, è già stato sentito tre volte e ulteriori altre tre – le ultime due sabato – è stato convocato in caserma per delle pratiche connesse alle indagini. Non sono al momento previste ulteriori sue visite in caserma. Il suo primo difensore è sempre il papà di Sharon, Bruno Verzeni, che lo ospita appunto nella loro casa da un mese: «Siamo sicuri che non sia stato Sergio. È stato qualcuno che non la conosceva così bene, anche se non saprei chi. Sergio è tranquillo e lo siamo anche noi. Tra lui e Sharon non c’erano attriti».

I testimoni

Intanto al comando provinciale di Bergamo sono continuati gli interrogatori di persone informate sui fatti (dunque senza essere accompagnate da un avvocato né essere indagate). In queste ore i carabinieri stanno sentendo diversi residenti di via Castegnate, dopo aver ascoltato i suoi colleghi del bar Vanilla Food di Brembate, ovviamente parenti e familiari. E poi i vicini di casa di via Merelli a Terno e alcune delle persone che appaiono nelle immagini delle telecamere della videosorveglianza della notte dell’omicidio: in tutto le persone sentite sono state più di cento. Nessuno ha però saputo fornire elementi utili a dare una svolta alle indagini.

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