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Naufragio Bayesian, le lacrime del comandante: «Non sono scappato». Tre domande senza risposta

naufragio bayesian porticciolo palermo james cutfield
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James Cutfield dice che era probitivo entrare nel veliero. Il mancato allarme dell'equipaggio, le botole inutilizzate e il ruolo del cuoco

Il capitano del Bayesian James Cutfield dice che non è scappato mentre il veliero affondava. E che durante il naufragio di Porticello in provincia di Palermo ha salvato chi poteva salvare. Anche se non ha risposto alle domande nel suo primo interrogatorio da indagato per naufragio e omicidio colposi, il comandante agli amici ha detto di non essere «come Schettino». E che a un certo punto l’acqua aveva invaso tutto ed era proibitivo entrare nel veliero che stava affondando. Ma ci sono ancora tre punti oscuri nella sua difesa. Il primo è l’allarme dato in ritardo di quasi mezz’ora rispetto al momento in cui è iniziato il pericolo. Il secondo sono i dispositivi di sicurezza che non hanno funzionato. Il terzo è il ruolo dell’unica vittima dell’equipaggio e le cinque persone trovate morte in cabina.

Le lacrime

Cutfield è scoppiato in lacrime durante l’interrogatorio del procuratore capo Ambrogio Cartosio e del pubblico ministero Raffaele Cammarano. Mentre il suo predecessore al comando del Bayesian Stephen Edwards ha detto che guidarlo è una «sfida strutturale». E che «con un’inclinazione a 45 gradi e i bocchettoni della sala macchine aperti la barca poteva avere seri problemi». Cutfield dopo la tragedia ha detto che le previsioni non parlavano della burrasca. C’era stata solo un’allerta gialla della Protezione Civile per possibili temporali. La sua linea difensiva potrebbe partire proprio da questo. Ovvero che la colpa del naufragio non è da attribuire all’errore umano ma alle condizioni atmosferiche eccezionali (il downburst che potrebbe aver colpito la nave). E al fenomeno che ha portato all’affondamento in un minuto.

Gli altri capitani

Ma c’è un gruppo Whatsapp dove centinaia di comandanti si confrontano quotidianamente sulle condizioni meteo. «Al di là dei bollettini, chi fa questo mestiere conosce bene i rischi quando arriva un fronte freddo sopra un mare così caldo. Era da giorni che ci scrivevamo di stare attenti perché poteva scatenare fenomeni violenti e improvvisi. Il fronte era passato da Formentera, disastro, poi in Sardegna…», precisa Dudi Coletti, comandante di un cento piedi sfuggito alla tempesta. «Ma a Porticello è successo qualcosa di imprevedibile», conclude. Nel gruppo c’è anche Marco Schiavuta, un ex del Moro di Venezia ora imprenditore nautico: «Se è prevista burrasca prendi tutte le tue precauzioni ma se non è prevista è difficile dire cosa è giusto fare».

Le domande senza risposta

Ma ci sono ancora alcune domande senza risposta nella vicenda. E riguardano direttamente il capitano. Una di queste è il mancato allarme da parte dell’equipaggio ai passeggeri. Lo hanno raccontato loro stessi. E se all’inizio la violenza del fenomeno atmosferico poteva dare una giustificazione, il tempo passato sul veliero prima dell’affondamento la toglie. L’equipaggio si è salvato su una zattera mentre la gran parte dei sette deceduti è morto in una cabina. Tranne il cuoco, visto che il suo corpo è stato trovato all’esterno. E ci si chiede se sia stato mandato lui ad avvertire i passeggeri. «Perché non li hanno fatti uscire? Nell’ambiente ci facciamo tutti la stessa domanda», dice il comandante di uno yacht simile. «Chi deve agire? Un ufficiale di guardia. Di solito sono tre: comandante, primo e secondo ufficiale. E secondo il testimone mentre arrivavano i fulmini sul Bayesian era in corso una festa.

Le cinque vittime in una sola cabina

Ma la domanda più importante riguarda le cinque vittime in una sola cabina. L’imbarcazione ha infatti una botola che viene chiamata in gergo “sfuggita”. Si tratta proprio di un’uscita di emergenza. Chi era nella cabina ha cercato una bolla d’aria mentre l’acqua entrava? E poi: davvero il portellone dell’area tender è stato lasciato aperto? L’acqua potrebbe essere entrata anche dai bocchettoni della sala macchine. Ma questo non ne spiegherebbe la quantità necessaria per far affondare il veliero. E in ogni caso bisogna trovare il motivo per il quale non siano stati subito chiusi.

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