Samantha Cristoforetti e il “mistero” dello scudo termico per le nuove missioni lunari

Qualsiasi nuovo mezzo e qualsiasi nuova esplorazione umana nello spazio prevede continui test di sicurezza

Se siamo riusciti ad andare sulla Luna oltre 50 anni fa, come mai testiamo ancora i mezzi per tornarci per risolvere problemi apparentemente “banali” come lo scudo termico dei moduli di rientro sulla Terra? Se lo chiedono (retoricamente) ancora tanti negazionisti degli allunaggi su Facebook. Certo, è un po’ come chiedersi come mai si facciano ancora i test ai freni nei nuovi veicoli, nonostante le automobili esistano dalla fine del XIX° secolo, ma “repetita iuvant”, quindi lo spieghiamo di nuovo. Altrimenti potete recuperare la nostra precedente analisi.

Per chi ha fretta:

  • Circolano condivisioni dove si ridicolizza la necessità di testare lo scudo termico della capsula Orion per le prossime missioni Artemis.
  • Se le missioni Apollo erano vere come mai non riusciamo a costruire scudi termici sicuri? È la domanda tendenziosa di chi produce tali narrazioni.
  • In realtà qualsiasi nuovo mezzo e qualsiasi nuova esplorazione umana, prevede continui test di sicurezza.

Analisi

Nel filmato in oggetto l’astronauta Samantha Cristoforetti spiega ad Alberto Angela che la missione Artemis 3 porterà nuovamente un equipaggio umano in orbita lunare già nel 2025, dopo aver risolto un problema allo scudo termico del modulo che permetterà il rientro sulla Terra. Ecco come viene banalizzato tale intervento:

“APOLLO CREDICI” 🚀, abbiamo la Samantha con la h che ci annuncia in pompa magna che l’uomo tornerà sulla luna in autunno 2025.
Il problema in questi 55 anni è stato LO SCUDO TERMICO….. ma finalmente hanno risolto il problema tecnico ! 💪
Che poi non ci abbiano spiegato lui e Piero Angela perché si è persa la tecnologia dello scudo termico del 1969 questo è un dilemma che stanotte non farà dormire milioni di telespettatori.

Lo scudo termico e l’importanza dei test

Ma quando Cristoforetti menziona il problema allo scudo termico lo fa precisando che è emerso durante la missione Artemis 1. Non parla di un ostacolo che persiste da 50 anni. È anche abbastanza ovvio: dopo le missioni Apollo abbiamo continuato comunque a mandare equipaggi in orbita, per esempio nella costruzione e nella gestione della Stazione Spaziale Internazionale. Anche in quel caso agli astronauti sarà servito uno scudo termico per rientrare a casa.

«Bisogna ricordarsi che queste astronavi – spiega Cristoforetti – ritornano con una grande velocità, 40 mila chilometri l’ora, 11 chilometri al secondo, e quando rientrano nell’atmosfera si riscaldano moltissimo, parliamo di 2500/3000 gradi, quindi la metà della temperatura sulla superficie del sole e non c’è un metallo che sopravvive a queste temperature intatto».

Artemis 1 era una missione senza equipaggio, dove venne testata la resistenza della capsula Orion. Il problema tecnico allo scudo che ha fatto slittare le missioni successive, è spiegato in un report dell’Ufficio dell’ispettore generale (OIG) della Nasa. Si parla di «anomalie nello scudo termico Orion, nei bulloni di separazione e nella distribuzione dell’energia che pongono rischi significativi per la sicurezza dell’equipaggio».

Ogni nuovo mezzo deve essere testato in ogni sua parte. Se il problema del modulo di rientro delle missioni Artemis è la resistenza dello scudo termico nel modulo di rientro, quella delle missioni Apollo purtroppo erano che gli astronauti dell’Apollo 1 morirono bruciati al suo interno durante un test, mentre quelli di Apollo 13 per poco non morirono persi nello Spazio. Potremmo citare anche il sacrificio degli equipaggi degli Shuttle Challenger (1986) e Columbia (2003). Ecco perché siamo sempre più severi nel ponderare i risultati dei test. Lo Spazio non è un parco giochi.

Conclusioni

Ecco perché dopo oltre 50 anni continuiamo a testare uno scudo termico e come mai continueremo a farlo: ogni nuovo mezzo, ma anche ogni nuova missione, presentano dei problemi da risolvere a beneficio della sicurezza degli equipaggi successivi. Il sacrificio di chi è morto o ha rischiato di morire in precedenti incidenti nello Spazio sono un monito importante.

Questo articolo contribuisce a un progetto di Meta per combattere le notizie false e la disinformazione nelle sue piattaforme social. Leggi qui per maggiori informazioni sulla nostra partnership con Facebook.

Leggi anche: