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I capi d’accusa contro Pavel Durov e le mancanze di Telegram contro la pedopornografia

29 Agosto 2024 - 12:06 David Puente
Per cosa è accusato il proprietario di Telegram e come non agisce la piattaforma contro l'illegalità

Mercoledì sera, Pavel Durov è stato rilasciato dopo l’arresto avvenuto all’aeroporto di Parigi lo scorso 24 agosto 2024. Tuttavia, il fondatore di Telegram non è libero di lasciare la Francia, poiché dovrà rispondere a una serie di accuse formulate dal Tribunale parigino. La vicenda ruota intorno a una vasta indagine che riguarda reati quali la pedofilia, la pedopornografia e il traffico di droga, elencati in una lunga lista di capi d’imputazione nei confronti di una persona non ancora identificata. La colpa principale attribuita a Telegram riguarda proprio questo aspetto: non aver collaborato con le autorità francesi nell’identificazione del ricercato.

I capi d’accusa e le indagini di febbraio 2024

Secondo il comunicato stampa del Tribunale di Parigi, firmato dal pubblico ministero Laure Beccuau e diffuso su Twitter/X dal deputato Éric Bothorel, il miliardario e proprietario di Telegram, Pavel Durov, è stato incriminato da due giudici dopo diverse ore di interrogatorio. I capi d’accusa, elencati nel documento, riguardano la mancata collaborazione a seguito delle richieste ufficiali delle autorità competenti impegnate nelle indagini, la complicità nell’amministrare la piattaforma consentendo operazioni illecite da parte di un gruppo organizzato, e la complicità nei reati commessi da questi gruppi (diffusione di materiale pedopornografico, traffico di stupefacenti, frode organizzata da bande criminali, associazione a delinquere finalizzata a commettere delitti). Oltre a questi, si aggiungono le accuse di aver fornito «servizi di crittografia volti a garantire funzioni di riservatezza senza apposita dichiarazione» e per la «fornitura e importazione di un mezzo di crittografia che non garantisca esclusivamente funzioni di autenticazione o controllo dell’integrità senza previa dichiarazione».

Nel comunicato stampa, il pubblico ministero Laure Beccuau riporta che Telegram è coinvolta in molteplici fascicoli riguardanti «pedocriminalità, tratta, odio online». La «quasi totale mancanza di risposta da parte della piattaforma alle richieste di tipo legale» ha portato, lo scorso febbraio 2024, all’apertura di un’indagine da parte della JUNALCO, l’unità informatica della Giurisdizione nazionale per la lotta alla criminalità organizzata della Procura di Parigi, al fine di valutare la possibile responsabilità penale dei gestori della piattaforma. A seguito dell’indagine preliminare, l’8 luglio 2024 è stata avviata un’ulteriore indagine giudiziaria che ha poi portato all’arresto di Pavel Durov.

Le mancanze di Telegram alle richieste legali

Che Telegram ignori le richieste delle autorità è un fatto noto e consolidato, come spiegato da Open nell’articoloUn milione di utenti italiani praticano quotidianamente su Telegram violenza contro le donne“. A spiegarlo è Nunzia Ciardi, Vice Direttore Generale dell’Agenzia per la cybersicurezza nazionale, in un intervento riportato da Giornalettismo nel 2021:

«Telegram – ha detto Nunzia Ciardi – è una piattaforma che garantisce un anonimato molto importante. Per cui viene scelta dalle persone che vogliono lasciarsi andare particolarmente. Poi c’è tutta una fetta di persone che lo scelgono per organizzare manifestazioni e interruzioni di servizio. Telegram collabora purtroppo poco e ha dei criteri di anonimizzazione molto potenti. Le investigazioni su quella piattaforma, pertanto, richiedono molto tempo. Ma non sono impossibili: c’è solo bisogno di una notevole perizia tecnica»

Una mancata collaborazione che, di fatto, costringe le autorità a indagare con altri mezzi e ad agire sotto copertura all’interno dei gruppi organizzati coinvolti nel traffico di materiale pedopornografico e in altre attività illecite. Ma quale potrebbe essere il motivo di questa mancanza da parte di Telegram? Secondo quanto riferito al Wall Street Journal da una persona vicina a Durov, l’azienda ha ignorato le richieste dei tribunali e delle autorità, lasciandole accumulare in «una casella di posta elettronica raramente controllata».

Cosa potrebbe succedere in Italia?

Quando è in corso un’indagine, le autorità italiane possono rivolgersi a privati cittadini, aziende e altre entità che potrebbero essere in possesso di elementi utili all’identificazione dell’autore. Ad esempio, in caso di un delitto a bordo di un mezzo pubblico, se sono presenti telecamere, l’azienda che gestisce il trasporto può ricevere la richiesta di consegnare una copia delle registrazioni. Nel caso di un sito internet, le autorità possono richiedere i dati del cliente all’azienda che gestisce l’hosting. Di fatto, chi si rifiuta di fornire queste informazioni potrebbe essere accusato di favoreggiamento personale, un reato previsto dall’articolo 378 del Codice Penale («L’azione esecutiva del delitto di favoreggiamento personale consiste nell’aiutare taluno ad eludere le investigazioni dell’autorità o a sottrarsi alle ricerche di questa», Cass. pen. n. 348/1988).

Il Digital Services Act

Telegram, attraverso il proprio sito, sostiene di non essere considerata una “piattaforma online di grandi dimensioni” secondo il Digital Services Act dell’Unione europea secondo i dati aggiornati al mese di agosto 2024:

D: Telegram è una “piattaforma online di grandi dimensioni” secondo il Digital Services Act dell’UE?

No. Il Digital Services Act (DSA) dell’UE richiede che alcuni servizi (descritti come “piattaforme online”) pubblichino informazioni sui loro utenti attivi medi mensili nell’Unione Europea. Alcuni elementi non essenziali dei servizi forniti da Telegram possono essere considerati “piattaforme online” ai sensi della DSA. Ad agosto 2024, questi servizi avevano un numero di utenti medi mensili attivi nell’UE significativamente inferiore a 45 milioni nei 6 mesi precedenti, una soglia inferiore a quella richiesta per la designazione di “piattaforma online di grandi dimensioni”.

Come riportato da Open, citando il Financial Times, l’Unione Europea avrebbe avviato un’indagine riguardo questa dichiarazione, considerando dubbiosi o addirittura falsi i dati forniti.

Cosa dicono le regole di Telegram

Secondo quanto riportato nel punto 8.3 delle Privacy Policy di Telegram, la piattaforma si impegna a fornire l’indirizzo IP o il numero di telefono degli utenti sospettati di terrorismo solo a seguito di un ordine di un Tribunale. Il documento afferma che, fino a oggi, ciò non è mai accaduto e che, nel caso dovesse accadere, Telegram pubblicherà un rapporto attraverso un bot dedicato sulla piattaforma.

Interpellando il bot dedicato di Telegram e selezionando l’Italia come località, scopriamo che non è disponibile alcun report sulla trasparenza per il nostro Paese. È interessante notare come la piattaforma specifichi l’impossibilità di fornire informazioni utili all’identificazione di una persona a Paesi come Russia, Cina e Venezuela. La decisione di Telegram su quali informazioni fornire alle autorità è basata su quanto indicato dalla pagina Wikipedia del “The Economist Democracy Index“. Questo indice classifica i Paesi in base al loro livello di democrazia, e Telegram sceglie di concedere informazioni solo alle autorità di quelli considerati democratici, come l’Italia e la Francia.

L’impegno per impedire la rimozione dagli Store

Per quanto riguarda la pornografia, dove inevitabilmente si include la pedopornografia, Telegram si impegna a eliminare, su «richiesta legittima», i contenuti «pubblici» illegali su Telegram «per continuare a pubblicare Telegram nell’App Store e su Google Play». Non vengono accennati i contenuti illegali privati, rendendo di fatto libere le attività illegali nonostante possano venire segnalati dalle autorità. Anche il punto dedicato al terrorismo si precisa che è possibile fare richiesta di rimozione di contenuti terroristici, ma solo se presenti e scoperti sulla piattaforma «pubblica» di Telegram.

La precisazione fornita da Telegram, riguardante la necessità di intervenire «per continuare a pubblicare Telegram nell’App Store e su Google Play», fa riferimento a un precedente avvenuto nel gennaio 2018, quando l’app venne temporaneamente rimossa dall’App Store di Apple facendo intervenire direttamente Pavel Durov. Una rimozione motivata dalla presenza sulla piattaforma di gruppi al limite della legalità, dove si riscontravano truffe, scambio di account rubati e pedopornografia. Sebbene la situazione con gli Store sia stata “risolta”, permettendo il ritorno di Telegram, il problema dei gruppi e canali illegali persiste ancora oggi.

Lo strano caso israeliano

Come riportato da Dario Fadda su Insicurezzadigitale, nella vicenda legata alle richieste di rimozione dei contenuti da parte delle autorità emerge un caso particolare che ha coinvolto Telegram e il governo israeliano.

Nelle settimane precedenti all’arresto di Pavel Durov, un collettivo noto come DDoSecrets aveva annunciato la rimozione, senza preavviso, del canale Telegram dove nel mese di luglio 2024 avevano pubblicato materiale israeliano inedito, il quale aveva provocato una richiesta di rimozione da parte delle autorità locali. Inizialmente, la piattaforma si sarebbe rifiutata di procedere, ma il 3 agosto il canale è stato definitivamente bloccato da Telegram.

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