Così il governo Meloni vuole smontare l’assegno unico da 200 euro a figlio. Ma il Mef smentisce: «Ipotesi fantasiosa»

Per “Repubblica” l’ammontare dovrebbe essere tolto a chi non presenta l’Isee e a chi ne ha uno al di sopra dei 45 mila euro

Il governo Meloni avrebbe deciso di smontare l’assegno unico per i figli. Per risistemare una misura che ha dovuto subire richiami da parte dell’Unione Europea. Per l’esclusione dei lavoratori stranieri dal beneficio. L’ammontare da 57 euro a figlio – stando a quanto riporta Repubblica – sarà tolto a chi non presenta l’Isee e a chi ne ha uno al di sopra dei 45 mila euro. Spostando le risorse su chi ha di meno. E cambiandone anche il nome. L’assegno unico per i figli ha oggi 6,6 milioni di beneficiari. È stato creato dal governo Draghi. Oggi pesa sul bilancio dello Stato per 20 miliardi e dà un massimo di 200 euro a figlio. I figli che ne beneficiano sono 10,1 milioni rispetto a una platea potenziale di 10,7. E la parola chiave è rimodulazione. Il Mef ha però smentito in queste ore la notizia bollandola come «fantasiosa» e «senza alcun fondamento».


La rimodulazione

Il quotidiano romano spiegava oggi – giovedì 29 agosto – che il governo voleva intervenire sull’assegno unico già alla fine del 2022. Poi ha deciso di non toccarlo (e nemmeno di potenziarlo) nella seconda legge di bilancio dell’esecutivo. Poi è arrivata la procedura d’infrazione Ue per il requisito dei due anni di residenza preteso nei confronti degli stranieri. La rimodulazione prevede la redistribuzione delle risorse tolte a chi non ne avrà più diritto. Adriano Bordignon, presidente del Forum delle Famiglie, dice al quotidiano che non è vero che l’assegno unico non funziona.


«È il primo strumento strutturale che il nostro Paese adotta nella sua storia. Non va assolutamente abbandonato. Ricordo poi che nel 2021 fu votato da tutto l’arco parlamentare». Le risorse non sono un problema, ma «piuttosto un’occasione, se ci sono idee valide per spenderle. Noi proponiamo di dare l’assegno nella sua totalità anche ai figli tra 18 e 21 anni, perché oggi è dimezzato. E di proseguirlo fino ai 26 anni, se i figli sono a carico e in formazione accademica o professionale».

L’Isee e il cumulo con l’assegno

Il presidente spiega che il cumulo con l’assegno c’è ancora e fa salire l’Isee a un numero significativo di famiglie. Ma così i nuclei perdono i bonus comunali «per l’asilo nido, le borse di studio, le bollette, la scuola e i trasporti. La ministra Roccella ci assicura che ci sta lavorando in un tavolo con i dicasteri dell’Economia e del Lavoro, ma non abbiamo riscontri effettivi». Mentre uno dei motivi che spinge Meloni a cambiare il sussidio è che l’allargamento ai lavoratori stranieri potrebbe allargare troppo la platea. Ma qui Bordignon è netto: «Non conosciamo i numeri del governo. Ma crediamo possa riguardare un’esigua minoranza di casi. Come i transfrontalieri che lavorano qui e hanno famiglia all’estero».

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