Non ci sono prove che i vaccini a mRNA provochino malattie da prioni

Perché il collegamento tra vaccini Covid e malattie da prioni di cui parlava Montagnier non risulta dimostrato

Circolano alcune condivisioni Facebook di una clip dove lo scomparso Luc Montagnier interviene al parlamento del Lussemburgo. La scena è collegata a un evento da noi già trattato nel luglio 2022, in risposta a un intervento di Christian Perronne secondo il quale la pandemia di Covid-19 sarebbe stata una frode. Montagnie, invece, parla dei vaccini Covid assecondando la narrazione No vax che li vuole pericolosi, specialmente per anziani e bambini. Introduce quindi l’argomento dei prioni, ovvero delle porzioni di mRNA – secondo la sua narrazione – che sarebbero collegate a casi di malattie prioniche come la Creutzfeldt-Jakob (CJD). L’argomento non ci è nuovo. Vediamo di cosa si tratta.

Per chi ha fretta:

  • Viene condivisa la clip tratta da un vecchio intervento di Luc Montagnier al parlamento del Lussemburgo.
  • Montagnier parla di un pericolo dovuto a porzioni di prioni nell’mRNA dei vaccini Covid associato a casi di CJD.
  • In realtà nulla di quel che sostiene Montagnier è stato dimostrato, nemmeno in uno studio che lui stesso ha tentato di far pubblicare, ritirato da Research Gate, e che risulta ancora preprint da due anni.

Analisi

Riportiamo i punti salienti dell’intervento di Montagnier sul presunto pericolo dei prioni nei vaccini:

«Si tratta ora di estendere la vaccinazione ai bambini – spiega Montagnier -, […] questi vaccini sono veleno. Questi non sono veri vaccini. L’mRNA permette alle informazioni di essere trascritte in modo incontrollabile in tutto il corpo. Nessuno di noi può dire con certezza dove andranno a finire queste informazioni […] questa è una incertezza assolutamente folle, e in effetti ora stiamo scoprendo che si tratta di un lavoro pubblicato più di un anno fa. Questo mRNA contiene una parte che possiamo chiamare prione. È una parte in grado di causare modificazioni proteiche nel nostro corpo, che non siamo in grado di prevedere. […] Questi [vaccini Covid, Nda] contengono sequenze identificate nella bioinformatica come capaci di convertirsi in prioni. Era un rischio che conoscevamo da più di un anno».

Lo studio su prioni, vaccini a mRNA e i casi di Creutzfeldt-Jakob

Ricordiamo una ricerca sui «prioni killer», trattata in un precedente articolo. Si trattava di un paper che il Nobel francese firmò assieme a Jean-Claude Perez e Claire Moret-Chalmin. Ebbene, già allora mostravamo che lo studio venne rimosso dal sito Research Gate (copia cache qui). È ancora possibile trovare una copia online del documento su Science Open, dove risulta ancora in preprint.

Forse la ragione per cui lo studio non trova accoglimento sta nel fatto che non esistono evidenze a supporto della presenza di porzioni prioniche nella Spike di SARS-CoV-2. Esistono solo alcuni lavori che parlano di domini «prion-like», ma sono analisi prive di conferme sperimentali. Come accennavamo, Montagnier nel suo intervento parla anche di una associazione con la CJD. Quando analizzammo per la prima volta le tesi di Montagnier intervistammo il dottor Leonardo Biscetti, medico specializzato in neurologia a Perugia, in servizio presso l’Istituto Nazionale di Ricovero e Cura dell’Anziano di Ancona.

Biscetti spiegò a Open che non ha proprio senso collegare i prioni coi vaccini a mRNA: «I prioni sono proteine infettive – continua Biscetti -, quindi potenzialmente trasmissibili da un soggetto all’altro, non per via aerea ma attraverso i tessuti».

«La maggior parte delle malattie da prioni sono idiopatiche – continuava l’esperto -, ovvero non se ne conosce la causa. Nel cervello del paziente si vanno ad accumulare queste proteine che vanno a danneggiare i tessuti cerebrali». Dunque, compaiono queste proteine che hanno una forma particolare, in grado di fare danni. Ma nella forma normale a cosa servono? «Non lo sappiamo con chiarezza – disse il medico -, tutti noi abbiamo la proteina prionica nei neuroni. Forse hanno un ruolo nella trasmissione sinaptica. In medicina sono molte più le cose che non conosciamo di quelle che sappiamo».

La CJD è una malattia rara, ma non rarissima. «È relativamente frequente – continuava Biscetti -, ha una incidenza di un caso ogni 100 mila abitanti per anno. Di questa malattia esiste una maggioranza di casi sporadici, quindi non trasmessi dai genitori ai figli; in buona parte idiopatici. Poi abbiamo una minoranza di casi iatrogeni, ovvero legati a trapianti di tessuti malati, lo si è visto per esempio in quelli di cornea. Un’altra variante, che ha fatto scalpore negli anni ’90, è l’encefalopatia spongiforme bovina, meglio nota come morbo della mucca pazza. Una persona affetta da Creutzfeldt-Jakob ha nell’arco di settimane/mesi perdita di capacità cognitive e motoria; entra quindi in stato vegetativo e muore. Al momento non esiste cura». Tra i 26 casi esaminati loro ne trattano uno in particolare che sembra mostrare, secondo la loro narrazione, una nuova forma di CJD associata ai vaccini. «Gli autori parlano di un caso avvenuto due settimane dopo il vaccino. Per nessun caso al mondo è stato spiegato un meccanismo prionico così rapido».

Conclusioni

La narrazione delle porzioni di prioni nei filamenti di mRNA dei vaccini Covid collegati a malattie che metterebbero in pericolo anziani e bambini è totalmente priva di fondamento.

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