Sharon Verzeni, la prima notte in carcere per Moussa Sangare: «È distrutto e provato». Ma in casa spunta una sagoma per il lancio del coltello
Sarebbe «distrutto e provato» Moussa Sangare, il 31enne fermato per l’omicidio di Sharon Verzeni. Reo confesso, il suo legale ha parlato del suo stato d’animo e ha precisato a La Presse che una perizia psichiatrica, anche se prematuro parlarne, potrebbe esser possibile. Pentito? «Quando se ne è reso conto sicuramente». Alcuni amici del giovane, che alle spalle vanta qualche avventura nel campo della musica, hanno dichiarato di averlo visto partecipare, senza problema alcuno, a una grigliata con loro, qualche giorno dopo l’omicidio. L’uomo si trova ora in una cella singola nel carcere di Bergamo. L’interrogatorio di convalida dovrebbe svolgersi lunedì.
La sagoma di cartone
All’interno della casa occupata da Moussa Sangare, l’uomo fermato per l’omicidio di Sharon Verzeni, è stata trovata dai carabinieri una sagoma di cartone a forma di essere umano per esercitarsi a lanciare coltelli. Il trentunenne l’avrebbe utilizzata come una sorta di bersaglio per allenarsi con il coltello. Per questo motivo, essendo un elemento collegato all’indagine, il cartonato è stato posto sotto sequestro. La sagoma mostra i segni di alcune coltellate. All’uomo è contestata anche la premeditazione nell’omicidio.
La confessione: «Ho avuto un raptus improvviso»
Il trentunenne fermato nella notte del 29 agosto per l’omicidio di Sharon Verzeni «ha reso piena confessione». A dirlo è Maria Cristina Rota, procuratrice aggiunta a Bergamo, durante una conferenza stampa. «Stanotte al termine di serratissime indagini siamo pervenuti a identificare il signore in bicicletta che nel corso della nottata ha reso prima spontanee dichiarazioni poi una piena confessione». Durante l’interrogatorio, Sangare ha detto di avere «avuto un raptus improvviso»: «Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa», ha affermato il trentunenne. Sangare è nato a Milano, di origine familiare del Mali, e vive a Suisio, distante appena cinque chilometri da Terno d’Isola (Bergamo). È accusato di omicidio volontario premeditato. «La notizia ci solleva e spazza via anche tutte le e speculazioni che sono state fatte sulla vita di Sharon», hanno detto a Bottanuco i famigliari di Sharon.
Recuperata l’arma del delitto: «Già nella disponibilità del Ris»
Durante la conferenza stampa, la procuratrice ha inoltre sottolineato come l’attività di indagine «sia stata agevolata dalla collaborazione di due cittadini stranieri, ma regolari sul territorio italiano, che si sono presentati spontaneamente presso la caserma dei carabinieri e hanno riferito ciò che sapevano». E «grazie alla loro dichiarazione e all’analisi di tantissime telecamere è stato possibile tracciare l’intero percorso fatto dal ciclista (lungo via Castegnate, ndr) che è stata poi scenario del crimine». Mentre le dichiarazioni del 31enne, presunto autore del reato, «hanno poi consentito di recuperare sia gli abiti che lui indossava la sera dell’omicidio, sia dei coltelli – uno in particolare, che aveva seppellito, già nella disponibilità del Ris – che riteniamo sia il coltello utilizzato per uccidere Sharon. Lo riteniamo in base alla lunghezza e alla larghezza della lama che è compatibile con i segni riscontrati dal medico legale sul corpo». La procuratrice aggiunta ha poi sottolineato che il killer «è uscito di casa con 4 coltelli e quindi gli è stata contestata la premeditazione: l’obiettivo era evidente, voleva colpire qualcuno».
L’uomo ha minacciato anche due ragazzini
La procuratrice, durante il punto stampa a Bergamo, ha inoltre lanciato un invito «a due ragazzini di 15-16 anni nei cui confronti il presunto autore del fatto di sangue, come da lui dichiarato, prima di scegliere e individuare a caso come vittima la signora Verzeni avrebbe puntato il coltello minacciandoli. Erano presenti sulla scena del crimine e a oggi non si sono ancora presentati. Li invito a presentarsi in una caserma affinché forniscano un riscontro a quanto acquisito», ha affermato Rota, sottolineando come Sangare «ha desistito con i due ragazzini per poi incontrare Verzeni che si trovava nel posto sbagliato nel momento sbagliato».
«Non c’è alcun movente»
Secondo la procura «non c’è stato alcun movente, né religioso, né terroristico. Poteva essere la signora Verzeni o uno di uno che passava di lì». I due, infatti, conferma Rota, «non si conoscevano e non hanno mai avuto contatti».
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