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Soter Mulé condannato per la pratica Shibari dovrà risarcire con un milione di euro i genitori della vittima

30 Agosto 2024 - 07:40 Alba Romano
soter mulé shibari risarcimento paola caputo
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Paola Caputo è morta durante il gioco erotico. Lui ha avuto tre anni e mezzo di pena

Soter Mulé è l’ingegnere condannato in Cassazione a tre anni e sei mesi per omicidio colposo dopo la morte di Paola Caputo durante un gioco erotico. La studentessa della Sapienza originaria di Villa Baldassarri (Lecce) è morta a 23 anni nella notte tra il 9 e il 10 settembre 2011 praticando lo shibari nel garage dell’Agenzia delle Entrate e dell’Enav in via di Settebagni. I genitori della vittima hanno fatto causa a Mulé davanti al tribunale civile di Roma. Ed è arrivata la sentenza: a loro spetta un milione di euro di risarcimento. Caputo aveva preso parte volontariamente al gioco erotico insieme a un’amica che lavorava come usciere all’AdE ed è finita in coma per qualche giorno.

La storia

Secondo le indagini quella notte le due ragazze avevano accettato di farsi legare e sospese a una certa altezza dal suolo, come richiedeva la pratica dello shibari. Mulé si era accorto che le due ragazze non stavano bene, ma non era riuscito a scioglierle perché non aveva con sé forbici o coltelli. All’arrivo dei soccorsi, secondo l’accusa allertati in ritardo, alle 4 del mattino Caputo era già morta. Mulé, che aveva praticato il bondage con le due ragazze in altre occasioni, era stato prima accusato di omicidio preterintenzionale. Poi il giudice aveva derubricato l’accusa in omicidio colposo. Le pratiche hanno una serie di regole che però Mulé non aveva rispettato, sia perché quella sera nessuno dei tre era lucido, sia per aver dimenticato il coltello in auto.

Un tragico incidente

L’indagato aveva parlato di un tragico incidente e aveva sostenuto di aver solo assistito ai giochi. Le due ragazze avevano fornito il consenso alle pratiche erotiche. Per la procura il contesto in cui si era avvenuto il “gioco” sarebbe stato invece illecito, altrimenti non ci sarebbe stato bisogno del consenso e non sarebbe stata giustificabile la presenza di strumenti per soccorrere i partecipanti.

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