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Usa 2024, i silenzi di Kamala Harris sul clima e la giravolta sul fracking: «Se sarò presidente non lo vieterò»

Durante l'intervista alla Cnn la candidata dem ha detto che non bloccherà la contestata tecnica di perforazione del suolo per estrarre petrolio e gas

C’è un tema da cui Kamala Harris ha preferito tenersi alla larga da quando è diventata ufficialmente la candidata dei Democratici alle elezioni presidenziali degli Stati Uniti: le politiche per il clima. Nei suoi quaranta minuti di discorso alla Convention di Chicago, Harris ha menzionato solo di sfuggita i cambiamenti climatici, un tema su cui in realtà ha lavorato spesso in passato, tanto da incassare l’appoggio di molte associazioni ambientaliste. Questa volta il suo silenzio non è passato inosservato ai media americani. E infatti nella sua prima intervista da candidata, rilasciata alla giornalista di Cnn Dana Bash, Kamala Harris si è trovata costretta ad affrontare uno degli argomenti più spinosi: il fracking, ossia una controversa tecnica di perforazione del suolo per estrarre petrolio e gas diffusa, tra l’altro, anche in Pennsylvania, uno degli Stati in bilico che decideranno le prossime elezioni. Se sarò eletta presidente, ha promesso Kamala Harris nell’intervista, «non vieterò il fracking». Perché gli Stati Uniti, ha aggiunto, «possono sviluppare energia pulita anche senza vietarlo».

La giravolta sul fracking

Le parole della candidata dem sul fracking sono state prese di mira da alcune associazioni ambientaliste, le stesse che fino a pochi anni fa la lodavano proprio per aver preso posizione contro l’estrazione di petrolio e gas sul territorio nazionale. Nel 2019, quando era ancora senatrice, Kamala Harris si disse a favore di un divieto generalizzato per impedire il fracking. Un anno più tardi, durante il dibattito televisivo tra candidati vice presidenti, Harris cambiò per la prima volta posizione: «Lo ripeto, così che tutti gli americani lo sappiano. Joe Biden non vieterà il fracking». Ora, a quattro anni di distanza da quel dibattito, Kamala Harris torna sull’argomento rassicurando gli elettori sul fatto che «i miei valori non sono cambiati». Alcune sue posizioni però – a partire proprio dal fracking – sono cambiate eccome nel corso degli anni. Un dettaglio che non è certo passato inosservato ai suoi rivali Repubblicani, con J.D. Vance – candidato vice presidente di Donald Trump – che l’ha definita «un camaleonte», riferendosi proprio alla facilità con cui ha cambiato opinione su alcuni temi. Nell’intervista con la Cnn, Harris ha ribadito che «il cambiamento climatico è reale» e ha rivendicato lo storico traguardo raggiunto nel 2022 con l’Inflation Reduction Act, il più grande pacchetto di misure mai approvato per promuovere la produzione di energia pulita, incentivare la transizione verso l’auto elettrica e, in generale, contribuire a ridurre le emissioni di gas serra del Paese.

Una protesta contro il fracking davanti alla Casa Bianca nel 2016, durante la presidenza di Barack Obama (EPA/Michael Reynolds)

I traguardi della coppia Harris-Walz sul clima

L’approvazione dell’Inflation Reduction Act non è l’unica vittoria che Kamala Harris può rivendicare sul fronte delle politiche per il clima. Quando era ancora procuratrice distrettuale a San Francisco, la candidata dem creò una delle prime unità di giustizia ambientale di tutti gli Stati Uniti. In seguito, da procuratrice generale della California, Harris impose a Wolkswagen risarcimenti multimilionari per aver manipolato i dati sulle emissioni dei propri veicoli. E lo stesso fece nei confronti di due compagnie petrolifere, Phillips66 e ConocoPhillips, accusate di ripetute violazioni ambientali. Una volta sbarcata al Congresso, Harris ha continuato a distinguersi come uno dei volti più in vista per le politiche per il clima, co-sponsorizzando il Green New Deal, l’ambizioso progetto volto a rivoluzionare il sistema energetico statunitense e accelerare la transizione verso un’economia a zero emissioni.

Alla Cop28 di Dubai, la vicepresidente Usa ha poi annunciato l’impegno degli Stati Uniti a raddoppiare l’efficienza energetica e triplicare la capacità di energia rinnovabile entro il 2030, insieme a un piano da 3 miliardi di dollari per il «Fondo verde per il clima» destinato alle nazioni in via di sviluppo. A godere di un’ottima reputazione negli ambienti ambientalisti è anche Tim Walz, scelto da Kamala Harris come candidato alla vice presidenza. Alla guida del Minnesota, Walz si è distinto come uno dei governatori più ambiziosi sul fronte delle politiche per il clima. Un esempio? Durante il suo mandato ha approvato una legge che impone alle aziende elettriche che operano nello Stato di generare il 100% dell’elettricità da fonti pulite entro il 2040. Ma Walz ha anche varato grossi piani di incentivi per il trasporto pubblico e le biciclette, oltre a creare un pacchetto di misure per il clima – dal valore di 2 miliardi di dollari – che assomiglia a un Inflation Reduction Act in miniatura, destinato solo ai cittadini del Minnesota.

Alla ricerca di elettori moderati

Nonostante sia Harris che Walz godano di un discreto consenso tra gli ambientalisti, la loro campagna elettorale sta ignorando in maniera piuttosto evidente i temi legati ai cambiamenti climatici. La ragione, spiegano diversi media americani, è piuttosto semplice: agli elettori moderati, quelli che Harris sta cercando di portare dalla propria parte, la questione non interessa più di tanto. La sensazione è che gli strateghi della campagna elettorale del Partito Democratico stiano dando per scontato il supporto dei gruppi per il clima, che infatti nelle scorse settimane hanno donato 55 milioni di dollari alla campagna del ticket Harris-Walz. In questi ultimi mesi di campagna elettorale, la candidata dem sembra intenzionata a puntare soprattutto gli elettori indecisi e moderati, conquistandoli con battaglie che godono di un consenso più ampio tra gli americani, a partire dall’aborto, la crisi abitativa e l’impatto dell’inflazione. In fondo, quei pochi elettori americani – perlopiù giovani – che mettono i cambiamenti climatici in cima alla propria lista di priorità sanno di non avere alternative alle elezioni di novembre. Se non altro, perché a sfidarsi non sono due diverse strategie per affrontare la crisi climatica. A sfidarsi, piuttosto, sono una candidata che riconosce l’esistenza del problema e un candidato che nega la realtà dei fatti.

Kamala Harris e Tim Walz durante la cerimonia di chiusura della Convention dei Democratici a Chicago, 22 agosti 2024 (EPA/Will Oliver)

In copertina: Kamala Harris durante un comizio a Milwaukee, nel Wisconsin, 20 agosto 2024 (EPA/Justin Lane)

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