In Evidenza Governo MeloniRussiaSiria
ATTUALITÀAccoltellamentiArrestiBergamoGiovaniInchiesteLombardiaOmicidi

Perché Moussa Sangare ha ucciso Sharon Verzeni? Il raptus, la malattia mentale, il mito di Erostrato

sharon verzeni omicidio moussa sangare malattia mentale raptus
sharon verzeni omicidio moussa sangare malattia mentale raptus
La perizia psichiatrica, la salute mentale e la violenza che non è mai del tutto immotivata: parlano gli esperti

Perché Moussa Sangare ha ucciso Sharon Verzeni? «Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa», ha detto lui ieri durante la confessione che ha reso agli inquirenti di Bergamo. «Non c’è un movente di tipo religioso o terroristico. Poteva capitare a chiunque di noi», ha detto la procuratrice aggiunta Maria Cristina Rota. «Mi dispiace per quello che è successo, anche se non c’è più nulla da fare», ha detto durante l’interrogatorio il 31enne nato in Italia da genitori originari del Mali. «È molto verosimile che ci sia una problematica psichiatrica», ha fatto sapere l’avvocato d’ufficio Giacomo Maj. Secondo gli esperti però la parola “raptus” si utilizza spesso per spiegare l’inspiegabile ma la violenza non è mai del tutto immotivata. Mentre c’è chi tira in ballo «la sindrome psichiatrica del mito di Erostrato, anonimo pastore che incendiò il Tempio di Artemide a Efeso, spinto dalla speranza di diventare famoso».

La malattia mentale

Emi Bondi, presidente della Società Italiana di Psichiatria, sostiene oggi con il Giornale che è troppo presto parlare di malattia psichica. «La malattia mentale raramente esordisce con un omicidio. Ha una serie di sintomi preliminari, di segnali che ci sono prima ed hanno un loro decorso che raramente porta a comportamenti aggressivi», spiega. Il “mi andava di farlo” di Sangare non lo convince: «Anche i serial killer hanno motivazioni latenti che li portano a fare delle scelte. Tutte condizioni da approfondire e che in questo momento non sappiamo. Non bisogna mai fermarsi all’apparenza e alle dichiarazioni rese al momento dell’arresto». E la versione del raptus «Non è detto sia la verità. Abbiamo troppa fretta di dare un nome alle cose, ci serve per esorcizzare una realtà altrimenti inaccettabile».

Il raptus e i cliché

Per lo psichiatra «questo è un delitto pieno di cliché. Del resto è il modo che la nostra mente ha per accettare l’assurdo: c’è il cliché dell’uomo nero, che spunta dal nulla, uccide senza motivo e sparisce. L’incubo per eccellenza che ci viene raccontato nelle storie da bambini». E spiega: «Dietro quello che lui chiama raptus ci possono essere tante motivazioni che lui nasconde a se stesso, che molto probabilmente non sa descrivere da solo. Motivazioni distorte dalla sua mente ma presenti. Sicuramente ha manifestato frustrazione, repressione, rabbia, senza essere capace di controllare le sue pulsioni emotive. Oppure è semplicemente una persona abituata a usare il linguaggio della violenza, come pare abbia già fatto con i suoi comportamenti aggressivi nei confronti della madre e della sorella. Capiremo qualcosa di più dopo la perizia psichiatrica».

La perizia psichiatrica

Ci potrebbero essere anche una questione di droga: Molte sostanze disinibiscono e, quando c’è un disagio mentale (ammesso che in questo caso ci sia), possono essere deleterie e aumentare di 6 o 7 volte i comportamenti aggressivi. Ma di questa storia ci sono ancora moltissimi aspetti da capire, non cadiamo nel luogo comune». Luigi Zoja, psicoanalista e sociologo, già presidente dell’associazione internazionale degli analisti junghiani, dice invece al Messaggero che è troppo facile parlare di casualità del male.

È facile uccidere, secondo Zoja, «se le aspirazioni non sono realistiche, se la fragilità provoca la perdita di un equilibrio grave in età giovanile. Lo scarto tra sogno e realtà, il piombare nella normalità. Questo è un caso clamoroso, ma altri potranno accadere. Ci stiamo avvicinando alla società americana dove da tempo avvengono violenze e delirii ingiustificati. In Italia un attacco immotivato fa ancora notizia, ma penso che modernizzazione o post modernità porteranno al rischio di vederli crescere».

Il mito di Erostrato

Lo psicoanalista tira in ballo «la sindrome psichiatrica del mito di Erostrato, anonimo pastore che incendiò il Tempio di Artemide a Efeso, spinto dalla speranza di diventare famoso. Non sopportava che chi aveva costruito una delle sette meraviglie del mondo fosse importante e lui no. Tutti vogliono diventare famosi». L’impulso improvviso non lo convince: «Piuttosto all’impulso di fare una cosa smisurata a qualunque prezzo. L’anonimato crea complessi. Uno che gira con quattro coltelli, quasi banale parlar di premeditazione. Gli americani che escono di casa per compiere stragi di massa nelle scuole mettono in conto di morire. Temo, ripeto, che il tasso di omicidi, aumenti anche da noi. Temo non sia causale anche che non fosse perfettamente integrato, in una Lombardia dove non c’è disoccupazione».

Sharon Verzeni e Moussa Sangare

Secondo Zoja «il campanello d’allarme dovremmo averlo in testa quando i ragazzi seguono i social invece di informarsi su giornali e media. Le statistiche sono chiare: sui social c’è un aumento di violenza, un uso eccessivo di comunicazioni sbagliate, poca socializzazione, messaggi di odio». Una fedina penale pulita non vuol dire nulla: «Una persona emarginata e insoddisfatta è più a rischio di commettere crimini, specie se vive in ambienti degradati, con livelli di cultura più bassi. Il rischio di un’esplosione di violenza è più forte in soggetti fragili che si “abbeverano” sui social di peggior qualità che veicolano messaggi di odio. Segnali di allarme di questo tipo ci sono».

Leggi anche:

Articoli di ATTUALITÀ più letti