Tormentoni estivi a confronto: la top ten del nuovo millennio – La serie

Fabio Rovazzi – Andiamo a comandare (2016)

Se prendiamo in considerazione la storia dei tormentoni musicali italiani, il fondo lo tocchiamo probabilmente con Andiamo a comandare. Parliamo di fondo non perché Andiamo a comandare sia meno canzone di altre, forse anzi lo è di più, sotto ogni punto di vista. E nemmeno perché non riconosciamo il talento di Fabio Rovazzi, allora 22enne, uno che è riuscito a raccontare tramite YouTube la propria visione del mondo, simpatica e del tutto riconoscibile, soprattutto in quella celebrazione della medietà, della normalità, senza alcuna pretesa cool. Il punto è che ci si ritrova fisiologicamente spiazzati dinanzi a un successo discografico colossale che comunque con la musica non c’entra alcunché. Il «danno» creato da Rovazzi, suo malgrado, perché ai tempi lo ripeté ad ogni intervista: «Io non so cantare! Non ho mai cantato in vita mia!», è l’aver convinto chiunque che fosse possibile, perfino tutto sommato giusto, utilizzare la musica per arrivare ad altro. Il video di Andiamo a comandare infatti, così come i video di tutti gli altri suoi singoli che seguiranno (ma nessuno avrà lo stesso stratosferico successo), è del tutto geniale, e la canzone, inserita in quel determinato contesto, funziona che è una meraviglia. Ma che succede quando spopola ovunque, a tal punto da arrivare a guadagnare cinque dischi di platino, o il primo posto nelle classifiche per settimane? Quando ci si accorge che il mercato la percepisce come musica vera, non riesce a distinguere, a collocarla, fino a finire, appunto, nel calderone dei tormentoni estivi. Cosa succede se riesce ad entrare perfino nel comune parlare, quindi si gira per strada e ci si accorge che un paese intero, dal calzolaio al macellaio, dall’avvocato allo studente, dal medico al segretario della Lega Salvini, vuole «andare a comandare»? Succede che lo scherzo di uno youtuber, ispirato da un meme che gira sui social, aiutato dagli amici Danti e Merk & Kremont, tutta gente che opera nella musica ai più alti livelli, diventa pura discografia, in barba a chi studia, suona uno strumento o ha qualcosa da dire, costretto a vivere raschiando il fondo del barile della SIAE per due spicci. Succede che la musica ne viene fuori concettualmente mortificata, succede che si tocca, appunto, il fondo. Ti convinci, a ben ragione, che la musica sia considerata esclusivamente come intrattenimento, che abbia perso quell’essenza capace di deviare pensieri e vite. Non è colpa di Rovazzi, figuriamoci, ma Andiamo a comandare rappresenta un passo verso una strada buia che era meglio evitare di indagare.