Tormentoni estivi a confronto: la top ten del nuovo millennio – La serie

Valeria Rossi – Tre parole (2001)

«Sono il guaritore/sono il tuo dolore/sono la notte che deve passare», altro che «Dammi tre parole/ Cuore, sole, amore», erano queste le parole originali del ritornello di quello che fu certamente uno dei più azzeccati tormentoni degli anni 2000. Furono i discografici, che scarsamente credevano in questo pezzo, a scongiurarla di alleggerire il testo e, già che c’era, anche abbassarsi un tantinello l’età, quattro anni per la precisione, Valeria Rossi è infatti una classe 1969, non ’73 come dichiarava ai tempi. Tre parole, brano rifiutato dalla sezione giovani del Festival di Sanremo, trascinerà Valeria Rossi fino alla prima posizione della classifica di quell’estate, fino alla vittoria del Festivalbar. Per poi sparire. Il successo stordisce e squilibra almeno quanto la sconfitta e Tre Parole è un pezzo talmente perfetto nella propria connotazione pop che difficilmente poteva essere in qualche modo replicato o emulato. Infatti Ricordatevi dei fiori (2001), l’album di Tre parole, messo in piedi in fretta e furia in soli due mesi (altra prova che dietro non ci fosse un progetto e se c’era in pochi ci credevano) e Osservi l’aria (2004), i due album concessi a Valeria Rossi, si vaporizzarono nell’interesse del largo pubblico senza nemmeno mai sfiorare non diciamo il successo, ma neanche il pettegolezzo condominiale. Doveva essere la nostra risposta a Natalie Imbruglia e Lene Marlin, quel pop schitarrato totalmente accessibile senza essere spudoratamente commerciale, ma Tre Parole rappresentava contemporaneamente la partenza e l’arrivo della corsa. Un fenomeno alla Lu Colombo con l’irripetibile Maracaibo, per intenderci. Non che la cosa abbia rappresentato un problema. Proprio nelle ultime settimane Valeria Rossi ha rilasciato diverse interviste nelle quali parla di una vita che ci appare estremamente piena: due lauree, una in giurisprudenza e una in antropologia, una famiglia, un progetto col comune di Monza sulla traduzione in musica dei suoni delle piante e la casa dei genitori comprata grazie proprio a quell’unico successo. Ma per noi resta ancora quella ragazza acqua e sapone, così intensa e precisa nell’interpretazione della sua hit, in quel video surreale, tra un uomo robot e un uomo ape (lui tra l’altro sotto la maschera cela il volto di Edoardo Gabbriellini, l’amato protagonista di Ovosodo) e quel testo, che nascondeva anche una satira pungente alla musica leggera italiana, con quel «Cuore/sole/amore» alla base della letteratura musicale pop dell’epoca e che, straordinariamente, incredibilmente, non farà, negli anni successivi, che peggiorare. Tanto che oggi riascoltare Tre parole rappresenta una gioia discretamente nostalgica.