Tormentoni estivi a confronto: la top ten del nuovo millennio – La serie

Dj Francesco – La canzone del Capitano (2003)

Che qualcosa non stesse andando nel verso giusto ce ne saremmo dovuti accorgere quando durante l’estate del 2003 in Italia impazza La canzone del Capitano, brano di Francesco Facchinetti, figlio del Roby dei Pooh, allora Dj Francesco, che anticipa l’album con quello che è forse il peggior titolo della storia della musica mondiale: Bella di padella. La canzone del Capitano è una delle ultime intuizioni mainstream di Claudio Cecchetto, che produrrà il brano di questo ragazzo che, con la solita particolare sagacia, la Gialappa’s Band inquadrerà perfettamente nel termine «over-simpa». L’ispirazione del brano (si, ne ha una) pare si possa individuare nel passato del giovine Facchinetti, da piccolo realmente costretto ad indossare per motivi medici una benda da pirata, e questo tormentone, perlomeno nelle intenzioni drammaturgiche degli autori (con lui Alberto Rapetti e Davide Primiceri), doveva rappresentare la rivincita dei «Capitani Uncini» sui «Peter Pan», una sorta di celebrazione del fascinoso sapore del cattivo che poi in realtà non è così cattivo, anzi, invita a seguirlo in una danza sul proprio galeone popolato di ragazze in bikini. Un’immagine che, si, fa molto anni ’90. La canzone ebbe un successo clamoroso, l’album Bella di padella, forse proprio perché intitolato Bella di padella, no, così Dj Francesco comincia a diventare un personaggio televisivo buono per ogni genere di situazione, dai reality al gossip, dalla conduzione dell’X Factor in versione Rai, ovvero quella versione che non guardava nessuno, alla cronaca, come quando, poverino davvero, riceve gratuitamente un pugno da Conor McGregor, forse un ritardato intervento divino per l’idea del titolo Bella di padella. Si scherza. Comunque naturalmente ogni dietrologia intellettuale, anche solo sentimentale, rispetto La canzone del capitano implode drasticamente dinanzi ad una canzone che altro non è che un prodottino buttato giù con una certa furbizia e che oggi ci suona abbastanza ridicolo.