Israele, il tribunale ordina lo stop allo sciopero generale dopo pressioni dal governo. In migliaia bloccano le strade di Tel Aviv

I manifestanti chiedono al governo un accordo per il rilascio degli ostaggi. Chiusi uffici, scuole e l’aeroporto Ben Gurion

Il presidente del tribunale del lavoro ha ordinato la fine dello sciopero generale in corso in Israele dalle sei di questa mattina 2 settembre. Il tribunale, riferisce Ynet, ha preso la sua decisione dopo «avere ascoltato le posizioni delle parti» e ha stabilito così la conclusione delle manifestazioni dalle 14 e 30 ora locale. L’ingiunzione è arrivata dopo le pressioni del governo sul sindacato Histadrut, uno dei più grandi del Paese con centinaia di migliaia di iscritti, che aveva indetto l’agitazione. Stamattina migliaia di persone hanno bloccato le strade di Tel Aviv: al ritmo dei tamburi i manifestanti hanno chiesto al governo un accordo per il cessate il fuoco in modo da far tornare gli ostaggi catturati da Hamas lo scorso 7 ottobre. «I valori prima di tutto», cantano in coro i manifestanti che criticano la linea oltranzista del governo guidato da Benjamin Netanyahu. Bloccata anche l’autostrada Ayalon, una delle principali arterie del Paese.


Lo sciopero

Dalle prime ore del mattino sono rimasti chiusi gli uffici governativi e comunali così come le scuole e molte aziende private. Decine sono i manifestanti che hanno bloccato a Tel Aviv Ibn Gvirol Street. Histadrut ha indetto lo sciopero dopo il moto di sdegno che ha smosso il Paese in seguito al ritrovamento dei sei morti israeliani in un tunnel di Rafah. Sarebbero ancora 97 gli ostaggi a Gaza, ma quelli in vita forse sono sotto la quarantina. Secondo quanto riporta il Times of Israel, i contestatori si erano prima riuniti all’incrocio di Shilat, vicino a Modi’in, e avevano quindi chiuso l’accesso a una strada nella città settentrionale di Rosh Pina. Israele è stata letteralmente chiusa al traffico internazionale dato che il principale aeroporto civile e il più trafficato del Paese, il Ben Gurion, aveva tutti gli aerei fermi sulle proprie piste. Anche Hamas ha soffiato sull’ondata di malcontento scoppiata nel Paese: «Sarebbero ancora vivi se Israele avesse accettato un accordo», aveva dichiarato in un’intervista all’emittente araba Al Jazeera il vicepresidente dell’Ufficio politico del movimento islamista Khalil al-Hayya.Il primo ministro israeliano non accenna però alcun passo indietro, anzi ha rilanciato: «Dobbiamo dire chiaramente che risponderemo con estrema forza. La prima cosa che deve essere fatta è portare entro 24-48 ore delle raccomandazioni per esigere un prezzo pesante, netto e molto rapido da Hamas: se non lo facciamo, vedremo altri omicidi di questo tipo», avrebbe detto Netanyahu nella riunione del gabinetto di sicurezza di ieri sera, 1 settembre.


L’attacco alla scuola di Gaza

Nel frattempo, sarebbero almeno 11 le persone rimaste uccise in un attacco aereo israeliano che ha colpito la scuola Safad, a Gaza City. Per il portavoce dell’agenzia di difesa civile Mahmud Bassal erano tutti sfollati. Il raid avrebbe centrato «una stanza usata dalla polizia», riporta un funzionario medico di Gaza, mentre l’Idf sostiene di aver colpito «terroristi di Hamas che operavano da un centro di controllo in un’area che era la scuola di Safad».

In copertina: EPA/ATEF SAFADI I Manifestanti in strada, Tel Aviv 2 settembre

Leggi anche: