Sharon Verzeni: chi sono i due testimoni italiani di origine marocchina che hanno fatto arrestare Moussa Sangara
Si chiamano Amin Ettayeb e Mohamed Ghannamy i due testimoni che hanno riconosciuto Moussa Sangare come l’uomo in bici. Portando poi i carabinieri sulle tracce dell’omicida di Sharon Verzeni a Terno d’Isola. Mentre oggi Sangare sarà interrogato in carcere dal gip Raffaella Mascarino, i due parlano oggi con l’Eco di Bergamo. «Non ci sentiamo degli eroi, testimoniando abbiamo semplicemente fatto ciò che era giusto, il nostro dovere di cittadini». Il reo confesso sarà interrogato oggi lunedì 2 settembre in carcere dalla giudice delle indagini preliminari Raffaella Mascarino.
La testimonianza
I due, nati in Italia da genitori marocchini, si stavano allenando per strada quando hanno incontrato Moussa Sangara in via Castegnate. Il 25enne Ettayeb vive da sempre a Terno d’Isola e fa il commesso in un negozio d’abbigliamento. Ha un canale Youtube sulle arti marziali con oltre 19mila iscritti e il prossimo 21 settembre gareggerà a Madone per il titolo nazionale di kickboxing. Il 23enne Ghannamy abita invece Chignolo d’Isola e lavora come autista in un magazzino oltre che giorcare a calcio in seconda categoria. «Verso mezzanotte e mezza, tra il 29 e il 30 luglio, ci stavamo allenando per strada come spesso accade e mentre stavamo facendo delle flessioni in zona cimitero abbiamo visto passare diverse persone in bici», ricordano.
Moussa Sangare
Tra questi c’era Sangare: «Non l’avevamo mai visto, siamo rimasti colpiti da come ci ha guardato: minaccioso, con una smorfia strana, urlando qualcosa. Qualche giorno dopo, saputo dell’omicidio di Sharon, siamo andati dai carabinieri per segnalare quanto avevamo visto, sperando che potesse essere utile alle indagini. Gli inquirenti ci hanno convocato più volte, chiedendoci maggiori informazioni su quell’uomo che si muoveva in bicicletta. E noi gliele abbiamo date, per quel che abbiamo potuto vedere e ricordare».
Ettayeb dice di essere «orgoglioso di aver aiutato, ho fatto il mio dovere contribuendo alle indagini sull’omicidio di una mia concittadina. Il mio sogno è di aprire una palestra di arti marziali, dove tenere anche dei corsi per insegnare alle donne a difendersi agli episodi di violenza. Voglio lanciare un messaggio. Sangare ha origini straniere proprio come me. Ma non siamo tutti uguali. Ci sono persone integrate e per bene, così come ce ne sono altre che fanno cose brutte. Lo stesso vale per gli italiani».
Foto copertina: L’Eco di Bergamo
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