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Von der Leyen e il puzzle da 25 pezzi per la nuova Commissione. Così l’Europarlamento prepara la vendetta contro i governi «maschilisti»

02 Settembre 2024 - 19:42 Simone Disegni
Con l'indicazione del Belgio arrivati oggi tutti i nomi dei candidati Commissari: ben 17 sono uomini. Metsola detta l'agenda in vista delle audizioni: «Presenti la squadra l'11 settembre»

L’avevamo lasciata sorridente e sollevata, fresca di riconferma alla guida della Commissione europea per un secondo mandato con una maggioranza tutt’altro che risicata. Per ottenere quello a cui puntava, Ursula von der Leyen aveva dovuto galoppare per mesi in una sfiancante campagna elettorale nei 27 Paesi membri Ue – un po’ tra la gente, un po’, soprattutto, nei palazzi dei governi chiamati a indicare il suo nome. Poi, messasi in tasca la nomina da parte del Consiglio europeo di fine giugno, la 65enne tedesca s’era dovuta immergere in settimane di altro duro lavoro politico: i faccia a faccia con le delegazioni tutti i principali partiti del nuovo Parlamento europeo per trovare i voti necessari al bis. Missione compiuta, grazie al successo dell’operazione di allargamento ai Verdi della maggioranza “centrista”, lasciando invece le porte chiuse ai conservatori dell’Ecr guidati da Giorgia Meloni (che avevano infine ingoiato il rospo scegliendo di votarle contro). Spuntata la rielezione, Von der Leyen lo aveva detto chiaro: «Ora ho bisogno di un po’ di riposo». E aveva chiuso i battenti, almeno in via ufficiale, lasciando per l’estate la palla di nuovo ai governi: entro il 31 agosto, aveva scritto nelle lettere ai leader dei 27, inviatemi i nomi dei vostri candidati Commissari.

Tutti gli uomini della presidente

Ricaricate le batterie – anche con letture estive ecologiste – von der Leyen è rientrata da pochi giorni al lavoro full time. Oggi era in Slovenia, al Forum strategico di Bled – occasione utile per ribadire l’impegno all’allargamento verso i Balcani. Ma il puzzle politico lo deve comporre sulla sua scrivania di Bruxelles. Già perché proprio oggi, con un giorno lavorativo di ritardo, s’è completata la lista dei nomi dei candidati Commissari espressi dagli Stati membri. L’Italia ce l’ha messa tutta per arrivare ultima alla deadline del 31 agosto, nonostante il nome di Raffaele Fitto fosse dato per certo da tutti da lunghe settimane. Ma a sottrarle lo scettro e finire anzi in “fuorigioco” è stato invece il Belgio, che s’è ridotto a oggi per indicare la sua scelta. Colpa della crisi di governo che tiene in stallo il Paese dal 9 giugno, e dei relativi dubbi e veti incrociati. Alla fine l’ha spuntata Hadja Lahbib, ministra degli Esteri uscente. Una designazione che «traduce una volontà di femminilizzazione e di rinnovamento tanto del partito che delle strutture pubbliche», ha scritto nel dare l’annuncio il leader dei liberali francofoni George Bouchez. Annotazione non casuale, perché il vero caso politico dell’estate Ue è stata la «ribellione» dei governi nazionali alle richieste di von der Leyen. In direzione maschilista, per di più. Lei aveva chiesto di ricevere una rosa di due nomi da ogni capitale – un uomo e una donna – tra cui poi scegliere. Ha obbedito un solo Paese, la Bulgaria. Tutti gli altri hanno indicato un nome secco. E in 17 casi è stato quello di un uomo.

Le forche caudine del Parlamento europeo

Von der Leyen potrà covare il suo risentimento verso chi ha disatteso le sue indicazioni – anche perché cinque anni fa il processo gender-balanced aveva invece funzionato perfettamente. Ma non potrà farci nulla, sul piano pratico, perché formalmente l’indicazione del o della Commissaria è prerogativa sovrana di ciascun Paese membro. Chi potrà mettersi di traverso, però, è il Parlamento europeo, che negli anni s’è ritagliato il ruolo di difensore dei valori fondamentali dell’Ue, tra cui rientra certamente l’uguaglianza di genere. E potrebbero essere dolori. «Si tornerà agli anni della Commissione Delors quando a Berlaymont sedevano solo uomini a bere e fumare: che imbarazzo», ha detto un anonimo alto funzionario Ue alla testata specializzata Politico. Rendendo esplicita la sensazione che si respira ora a Bruxelles che il Parlamento si «vendicherà» bocciando a seguito di serrata audizione almeno 2 e 3 candidati Commissari. E i maschi saranno quindi quelli più a rischio.

Puzzle da 25 pezzi

Per la verità anche von der Leyen è intenta a provare a convincere almeno qualche governo a fare marcia indietro e designare una candidata donna al posto del più o meno titolato uomo indicato. Forcing in corso in particolare su Malta, filtra dai media locali. Ma quello cui si dedicherà questa settimana la rieletta leader Ue sarà soprattutto un delicato gioco a incastri per «disegnare» la prossima Commissione. Chi avrà quale incarico? I rumors più accreditati di Bruxelles indicano una riorganizzazione dell’esecutivo, con cinque vicepresidenti esecutivi. I nomi potrebbero essere, anche per rispecchiare le diverse sensibilità politiche che von der Leyen ha interesse a «includere» nella navigazione del quinquennio, quelli di Thierry Breton (Francia, vicino ai liberali di Macron), Teresa Ribera (Spagna, socialista), Raffaele Fitto (Italia, FdI/Ecr, per il previsto sollievo di Meloni) e dei due «eterni» Commissari Maroš Šefčovič (Slovacchia, sinistra nazionale) e Valdis Dombrovskis (Ppe). Più complicato, e verosimilmente ancora in fase acerba, la distribuzione delle deleghe ai 25 “colleghi” (ricordando che l’estone Kaja Kallas è stata indicata direttamente dai capi di Stato e di governo al ruolo di Alto rappresentante per la politica estera).

Il calendario per la nuova Commissione

I nodi andranno scelti in tempi relativamente rapidi, comunque. A tornare pimpante dalle ferie è stata infatti anche la presidente del Parlamento europeo Roberta Metsola – pure lei fresca di (oceanica) riconferma – che oggi ha scritto a von der Leyen per dettarle l’agenda. La richiesta fatta pervenire è quella di presentare la sua proposta di composizione della nuova Commissione alla conferenza dei capigruppo del Parlamento in programma l’11 settembre, mercoledì prossimo. «Ciò consentirà al Parlamento di scambiare opinioni con la presidente della Commissione sulla struttura e sui portafogli proposti», e a ruota di «aprire la strada al processo di audizioni», spiegano dal Parlamento, con la mente già protesa, appunto, a quegli “esami” d’inizio mandato dei nuovi Commissari previsti tra fine settembre e inizio ottobre, dove potrebbe consumarsi questa o quella vendetta politica. Il von der Leyen bis dovrebbe infine entrare pienamente nelle sue funzioni a novembre. Forse con alcune ruote di scorta rispetto alla squadra attualmente sul tavolo della leader tedesca.

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