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Rigivan Ganeshamoorthy: «Noi disabili? Tutti ci schifano per qualcosa che non abbiamo voluto»

03 Settembre 2024 - 07:13 Alba Romano
Rigivan Ganeshamoorthy disabilità paralimpiadi
Rigivan Ganeshamoorthy disabilità paralimpiadi
L'atleta affetto dalla sindrome di Guillan-Barré che ha vinto l'oro nel lancio del disco si racconta

Rigivan Ganeshamoorthy è diventato famoso in tutta Italia grazie a un’intervista. Anche se l’impresa l’aveva fatta prima. Aveva infatti conquistato l’oro nel lancio del disco F52 alle Paralimpiadi di Parigi. Portando anche a casa tre record del mondo. Ma il colloquio ai microfoni di RaiSport l’ha fatto finire sulla bocca di tutti. Rigivan è affetto dalla sindrome di Guillan-Barré. «Lo sport per me è stata una rinascita, mi ha dato la possibilità di non pensare a cose negative», dice oggi a La Stampa. Anche se c’è chi lo ha attaccato per il colore della sua pelle: «Vabbè gli ignoranti sono loro, a me scivola addosso».

Riservato

Lui è sempre stato riservato: «E adesso mi ritrovo travolto da questa onda, con tutte queste interviste. Ma alla fine, anche su consiglio di altri atleti, mi sono buttato, seppur con un po’ di disagio». La famiglia voleva raggiungerlo a Parigi, ma il padre che lavora in un cantiere navale a Fiumicino non ha avuto il permesso: «Mi hanno seguito da casa e a me basta quello». Sulla disabilità dice: «Io certe cose le ho vissute sulla mia pelle. Quando sei ricoverato conosci ragazzi e ragazze con problemi, ma anche le loro famiglie. Sono persone che purtroppo non hanno amicizie. Adesso utilizzo una brutta espressione, lo so, ma veniamo schifati perché c’è chi è su una carrozzella o chi magari ha il catetere con la sacca delle urine. Siamo come tutti gli altri, però veniamo discriminati per una disabilità che non abbiamo voluto. Ce la siamo ritrovata e ce la teniamo».

La medaglia

Ganeshamoorthy dice che porterà «la medaglia, farò sentire il peso e il significato per far capire quello che volevo dire. Lo sport riabilita le persone. Ti appaga. Per questo ho dedicato l’oro agli altri. Io ho fatto solo l’atleta, ma dietro di me ci sono state molte persone che mi hanno assistito, mi hanno aiutato e hanno creduto in me. E questa vittoria è per loro». Intanto riceve «molti messaggi, tutti molto belli. Una ragazza straniera ad esempio mi ha scritto spiegandomi che anche lei è affetta dalla sindrome di Guillan-Barré e non riesce a fare nulla. Le ho consigliato di buttarsi, di fare quello che vuole e non pensare al rischio di fallire. Alzarsi la mattina, mangiare e lavarsi i denti è già una vittoria. Ce ne sono tanti che non possono fare nemmeno quello».

La parità

Rigivan manda anche un messaggio di parità: «Noi disabili possiamo essere alla pari con i normodotati e non dobbiamo venire discriminati perché possiamo fare le loro stesse cose. Ovviamente con un po’ di difficoltà. Però siamo sullo stesso livello». Sull’inclusione in Italia dice che «a livello sportivo mi sono trovato sempre bene. Certo, a volte ci si perde in tante piccole cose. Penso ad esempio a Niccolò, un mio amico cieco che vive a Focene, fuori Roma, deve ogni volta farsi una sessantina di chilometri per allenarsi. O mancano gli impianti o quelli esistenti sono difficilmente raggiungibili».

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