Strage di Paderno Dugnano, Riccardo C.: «Ecco perché li ho uccisi». La canzone dei Beatles, il debito a scuola e il compleanno del padre
C’è una canzone che Riccardo C., autore della strage di Paderno Dugnano, ascolta sempre. È The Long and Winding Road dei Beatles. Lo ha detto lui stesso ai pubblici ministeri della procura dei minori che lo hanno interrogato. A loro ha spiegato che si sentiva «oppresso» dalla sua famiglia e che voleva liberarsi. «Ero convinto che uccidendoli tutti avrei potuto vivere in modo libero», è una delle frasi della confessione. Per questo ha ucciso il fratello Lorenzo (12 anni), la madre Daniela Albano (49) e il padre Fabio, che aveva festeggiato i 51 anni il giorno prima. Nel villino di via Anzio Riccardo C. aveva covato «quel pensiero» – ovvero quello di sterminare la sua famiglia – «per tutta la giornata. Poi è esploso». Per questo li ha uccisi. «Per sentirmi libero», ha spiegato ai magistrati. E anche «per andare a combattere in Ucraina».
The Long and Winding Road
La canzone contenuta in Let it Be, ultimo album dei Beatles prima dello scioglimento, parla di una storia d’amore. «La strada lunga e tortuosa che conduce alla tua porta/ Non scomparirà mai/Ho già visto quella strada prima d’ora mi ha sempre condotto qui/ Mi conduce alla tua porta», dicono i versi. E ancora: «Molte volte sono rimasto solo/e molte volte ho pianto/Comunque non saprai mai le molte vie che ho provato». Lui ha detto ai pm che ascoltava sempre «musica triste». Sull’Ucraina, ha precisato che non è stato quello il motivo della strage. E nemmeno un altro argomento gettonatissimo quando le stragi le perpetrano i giovani: i videogiochi. «Giocavamo a un videogame sulla Seconda Guerra Mondiale, ma Riccardo non era appassionato», ha fatto sapere un suo amico. Proprio ieri avrebbe dovuto sostenere l’esame di riparazione per il debito in matematica al liceo scientifico Gadda di Paderno.
Il movente
«So che tutti vi chiedete il perché di quello che è successo, è la grande domanda ma dobbiamo accontentarci di scavare. Un movente sarebbe tranquillizzante. Ma da un punto di vista giuridico al momento non c’è, e non è detto che ci sarà. Da un punto di vista sociologico le indagini sono aperte», ha detto Sabrina Ditaranto, reggente della procura per i minorenni di Milano. Riccardo C. ha visto convalidare il suo arresto per l’accusa di omicidio premeditato e aggravato dal rapporto di parentela, dalla minore età del fratello e dall’aver agito di notte. Su di lui saranno svolti accertamenti per evidenziare eventuali disturbi psichiatrici. Anche il compleanno del padre potrebbe aver funzionato da detonatore. «C’è da dire che è sempre stato riservato. Quindi un atteggiamento pensieroso poteva passare inosservato», ha spiegato ancora la procuratrice.
La strage di Paderno Dugnano
Le parole con cui Riccardo C. ha raccontato la strage di Paderno Dugnano sono state lucide e attente. Una volta a letto dopo la festa «sono rimasto sveglio. Ho aspettato che tutti si addormentassero». Poi ha raggiunto la cucina al piano terra della villetta. Ha preso un coltello «per la carne», dal manico nero e lungo una ventina di centimetri. «Lorenzo era nel letto, dormiva, l’ho colpito», anche se «pensavo che una coltellata sarebbe bastata a uccidere. Poi mi sono reso conto che non era così». E allora ha continuato a colpirlo tra le urla, finché non sono arrivati i genitori. «Mio padre mi ha urlato di chiamare i soccorsi». Ma quando lui ha varcato l’uscio della camera, Riccardo C. lo ha colpito «la prima volta alle spalle». Ha ucciso anche la madre. Poi è andato a conficcare il coltello nel cuscino della sua camera.
«Non pensavo che avrebbero sofferto»
«Non pensavo che avrebbero sofferto così tanto», ha detto durante l’ultimo interrogatorio. A quel punto ha chiamato il 112. «Mio padre ha accoltellato mia madre e mio fratello», ha detto all’operatore. «Sono tutti morti. Neanche mio padre», ha aggiunto. Si è ucciso? «No, l’ho ucciso io». Ai pubblici ministeri Riccardo C. ha spiegato che voleva dire che era stata la madre a uccidere Lorenzo. Poi ha cambiato versione all’ultimo momento. L’operatore lo ha accompagnato fuori dalla villetta, in giardino, dove lui ha atteso i carabinieri. Per mezza giornata «con tono pacato e calmo» anche se a tratti «catatonico», il 17enne ha ripetuto la storia della finta aggressione. Fino alla confessione: «Li ho uccisi tutti io».
«È il mio migliore amico»
Alessandro, 18 anni, è uno degli amici di Riccardo C. e oggi al Corriere della Sera offre un ritratto del 17enne. «Guardi, le racconto un episodio recente. A maggio, con la scuola siamo stati in Sardegna per un corso di barca a vela. Il primo giorno, alla prima virata la nostra barca si è capovolta. Siamo finiti in acqua. Gli altri sono riusciti ad aggrapparsi allo scafo. Io sono rimasto imprigionato sotto la vela. Mi sono impanicato, ma appena mi sono liberato, la prima cosa che ho visto è stata Riccardo. Era stato l’unico ad accorgersi della mia assenza e a venire ad aiutarmi».
Lo descrivono come introverso. Ma secondo l’amico «non è vero. A Ferragosto, sapendo che anche io ero al mare, ma in un posto in cui non ho amici, mi ha chiamato: “Dai, vieni a trovarmi. Passiamo la giornata con i miei amici”. Sono andato. Alla fine eravamo in trenta. Riccardo non è schivo. È un ragazzo solare, che fa amicizia in fretta e a cui piace stare in compagnia. Ecco, non ama il caos».
Niente fumo e niente alcol
Secondo Alessandro Riccardo C. «a una serata sui Navigli preferisce un’uscita qua in zona, andare in bici al centro commerciale a giocare a biliardo. E poi, non fuma, zero alcol… È allergico: un sorso di birra e diventa bordeaux». La sua passione è «la pallavolo. È grazie a lui che ho iniziato a giocare anch’io. Faceva tre allenamenti a settimana, più le partite. È forte, e giocava in una squadra forte, anche se non pensava alla pallavolo per il suo futuro. È anche appassionato di Formula1, di serie tv. E gli piace studiare».
Problemi in famiglia? «Mai. Facevamo i compiti assieme, spesso a casa sua, ma non ho mai visto nulla di strano, di sbagliato, nei rapporti con i genitori e il fratello. Non sembravano esserci problemi. Erano una famiglia normalissima». L’ultima volta si sono sentiti «un paio di giorni fa. Ci siamo scambiati video divertenti di TikTok, per ridere, e ci siamo messaggiati un po’. Ora qualche amico è spaventato. Io, no. È il mio migliore amico. C’eravamo sempre uno per l’altro. E ora è come aver perso una parte di me».
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