I sospetti sulle lauree false e i corsi lampo, la ministra Bernini va in procura: quali sono le “università” segnalate

Dopo una fase di analisi preliminare da parte del Mur sono stati presentati esposti in varie procure su una serie di atenei, alcuni telematici, sospettati di irregolarità

Titoli accademici garantiti senza avere l’autorizzazione o consegnati a tempi record dietro cospicui pagamenti. Secondo quanto rivela Repubblica, è stata aperta un’indagine ai danni di undici università private, molte di queste telematiche. Ma ci sono alcune precisazioni da fare rispetto a quanto riportato oggi sul quotidiano. «Non si tratta di un’inchiesta del Mur, ma di esposti alle procure. Il ministero non ha facoltà di indagare su tali istituti nè ha poteri sanzionatori. Ma ha la facoltà di segnalare fatti di cui è a conoscenza a chi di competenza. E così è stato fatto su impulso del ministro Anna Maria Bernini. Saranno poi questi organi a intraprendere le azioni che riterranno utili e necessarie», precisano dal ministero.


Quali sono gli atenei segnalati

Le segnalazioni risalgono al periodo di marzo/aprile, a seguito di una ricognizione del ministero. Le realtà oggetto di indagine sarebbero dieci: Università degli studi UnideMontaigne di Milano, l’Università popolare Scienze della nutrizione di Firenze, l’Università popolare-Unitelematica Leonardo da Vinci (in varie sedi), l’Università anglocattolica San Paolo apostolo di Roma, l’Università popolare degli studi sociali e del turismo di Napoli, il Centro studi Koiné Europe+ di Lecce, la Harris University di Palermo, la Uniaccademia-Westbrook University, la Reald University di Palermo (con uffici a Palermo, Termini Imerese e Misilmeri) e la Selinus University of Science and Literature a Ragusa-Bologna.


Le segnalazioni alle procure, precisano fonti ministeriali, recano la dicitura «Istituzione operante sul territorio italiano priva di idoneo accreditamento/riconoscimento al rilascio di titoli accademici». Non si tratta solo di istituti telematici, ma anche di realtà che intendevano operare in presenza. Dell’elenco, precisano, non fa parte l’istituto Gorazde-Jean Monnet (operante a Palermo) già all’attenzione dell’autorità giudiziaria. Anche perché proprio del caso Gorazde Jean Monnet il ministro era intervenuto durante un question time alla Camera a marzo scorso, parlando anche di altre realtà in «odore di truffa».

L’altra indagine

Questi casi, precisa sempre fonti del ministero, non sono da confondere con la questione dei titoli universitari per l’abilitazione all’insegnamento, su cui ieri la Flc-Cgil ha emesso una nota. Contrariamente da quanto affermato dal sindacato, il Mur – come da nota diffusa ieri dall’Ufficio stampa – «ha avviato, già da diverse settimane e sulla base di segnalazioni, i dovuti approfondimenti sull’attivazione dei percorsi abilitanti da 30 CFU da parte di Atenei, chiedendo chiarimenti in merito alle modalità di erogazione dei percorsi e all’assolvimento del momento formativo».

Il nodo dell’anagrafe

Alcuni atenei sarebbero iscritti effettivamente all’anagrafe delle università, ma la presenza nell’albo non è sufficiente a essere accreditati come istituzioni effettive. Altri ancora non hanno nomi in regola o addirittura hanno modificato nel corso del tempo la loro ragione sociale. Le indagini contro dieci degli undici atenei sono partite a seguito delle denunce. Le carte sono già state consegnate nelle mani delle procure territoriali di competenza.

Lauree senza esami

Ma non è tutto. Secondo la Federazione lavoratori della conoscenza, gli istituti indagati avrebbero garantito «certificazioni linguistiche o l’acquisizione all’estero di abilitazioni/specializzazioni alla modica cifra di 7.500 euro, bypassando selezioni in ingresso, tirocini, esami finali». Addirittura, si legge nella nota, «non occorre nemmeno compilare le crocette del questionario online». Parallelamente il Mur ha anche avviato approfondimenti sulla presenza di «percorsi abilitanti online da 30 crediti formativi per la scuola secondaria con una durata di soli 17 giorni». Cioè 384 ore, contro le 750 previste per legge, in vendita a 2mila euro. Un vero e proprio «mercato di titoli universitari» che i ministeri dell’Istruzione e dell’università – secondo Fcl – non avrebbero contrastato a sufficienza.

Pochi posti letto e finanziamenti

A confermare gli esposti alle procure è stata la ministra dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini a margine di una cerimonia tenuta al Maxxi di Roma: «Noi non abbiamo un potere di inchiesta, ma abbiamo un obbligo di controllo e di segnalazione», ha commentato Bernini. «Abbiamo fatto esposti alla Procura della Repubblica per tutti quegli atenei di cui noi non riconoscevamo l’autenticità. Noi dobbiamo accreditare e riconoscere. Dove non ci sono accreditamenti e riconoscimenti c’è il rischio che studenti e famiglie vengano truffati. A fronte di questo rischio facciamo esposti per garantire il diritto allo studio correttamente erogato dalle università vere». Università che, tra il problema del caro affitti e quello dei fondi carenti, sono sempre più in difficoltà. A crescere sono invece proprio le università telematiche, protagoniste negli ultimi dieci anni di un aumento del +410% degli iscritti (oltre 224mila in totale). I numeri, però, non sono sempre sinonimo di qualità.

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