Giorgia Meloni e la «regia occulta» dietro il caso Sangiuliano-Boccia: «Lei lucida e diabolica, c’è un complotto per buttarci giù»
Giorgia Meloni è convinta che ci sia una «regia occulta» dietro il caso di Gennaro Sangiuliano e Maria Rosaria Boccia. Che viene definita «lucida» e «diabolica». Mentre i dirigenti di Fratelli d’Italia si dicono convinti che l’influencer si sia rivolta «a un’agenzia di comunicazione di alto livello». Il ministro, in questo quadro, sarebbe vittima di una macchinazione di media e opposizione. La sua poltrona continua a barcollare. Anche se a Palazzo Chigi la linea è quella della difesa fino a prova contraria. Che però potrebbe arrivare presto, molto presto. Intanto però l’ordine di scuderia è minimizzazione e vittimismo: «Perché i giornali non fanno l’elenco delle amanti dei ministri del passato? E Sangiuliano si dovrebbe dimettere per una relazione extraconiugale? Perché?», si legge nel retroscena del Corriere.
Il ministro e il sistema Pd da smantellare
In realtà, secondo quanto ha raccontato la stessa Boccia, Sangiuliano le avrebbe detto che la relazione con Federica Corsini (giornalista Rai, si sono sposati nel 2019) era finita e che la moglie lo accompagnava solo agli eventi Rai. Ma secondo Fratelli d’Italia anche qui c’è un complotto: «È una persona onesta e questa è la grande novità rispetto a come il ministero della Cultura è stato gestito fino al nostro arrivo. È il primo ministro che non ha rubato un solo euro sui crediti del cinema». E qui, come per le amanti, magari bisognerebbe avere un elenco dei ladri. E il complotto? Eccolo servito: Sangiuliano «sta lavorando per smantellare un sistema consolidato negli anni del Pd». Per questo nei corridoi del Collegio Romano si sarebbe «fatto tanti nemici», che avrebbero strumentalizzato le ambizioni di Boccia con l’intento (politico) di danneggiare lui e il governo.
La chiave d’oro
E quindi la strategia di Palazzo Chigi per rispondere al caso è già pronta. Denunciare il malcostume dei governi precedenti «a cominciare dalla chiave d’oro di Franceschini». Anche se quella chiave l’ha ricevuta anche Sangiuliano. E anche l’ex ministro l’ha restituita. Poi i dettagli dell’oscuro piano che vuole ostacolare il governo che «ha fatto volare l’economia italiana». «C’è qualcosa sotto, una sorta di organizzazione. Per questo Giorgia difende Gennaro», sostiene un ministro. La premier «non vuole prestare il fianco a chi complotta per buttarci giù». Ma anche nell’esecutivo c’è chi ha conservato un aggancio con la realtà: «Sangiuliano non può durare. Se Giorgia non lo ha sostituito è solo perché un nuovo ministro al G7 farebbe la figura del prestanome».
Fabio Tagliaferri e l’amicizia con Arianna Meloni
Intanto però balla anche il caso delle nomine in Ales. Fabio Tagliaferri, presidente e amministratore delegato della società del ministero della Cultura, è stato nominato a febbraio. Prima era consigliere di Fratelli d’Italia a Frosinone. «Non è reato essere amico di Arianna Meloni», fa sapere lui oggi a Repubblica. «Vengo tirato in ballo a orologeria. La sorella della premier è una persona specchiata», aggiunge. A sollevare il caso nei giorni scorsi è stato il deputato di Italia Viva Francesco Bonifazi: «A proposito di amichettismo, qualcuno potrebbe farci capire con quale criterio sono state fatte le nomine nella società Ales, braccio operativo del ministero della Cultura?». E poi l’allusione a interessi di famiglia: «Sangiuliano vuole chiarire? O forse direttamente Meloni?».
Il collegamento
Il collegamento con la vicenda Boccia è tutto in una (presunta) registrazione. Nella quale, secondo i rumors, proprio Meloni e Sangiuliano parlerebbero della nomina. Ma a febbraio, secondo i racconti dei due, non avevano ancora iniziato la loro relazione. Tagliaferri replica: «Non trovo un nesso tra la mia nomina di febbraio e ciò che sta succedendo oggi. Ho fatto politica in FdI insieme ad Arianna per anni», dice il presidente di Ales. «Sono nel partito, come faccio a dire che non conosco Arianna Meloni? Ma questo che c’entra? Faccio fatica a immaginare come si possa prendere la mia nomina e buttarla in questo calderone. Sono stato anche funzionario nella Regione Lazio».
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