I dubbi di Meloni, l’incubo di un Renzi burattinaio della Boccia. Poi Sangiuliano ha voluto chiudere. E torna in Rai, alla guida della Tgr

Anche se il finale di questa storia era già scritto a Palazzo Chigi si sarebbe voluto capire qualcosa di più

Non è stata Giorgia Meloni a spingere Gennaro Sangiuliano alle dimissioni arrivate venerdì 6 settembre. Anzi, pur essendone ovviamente sollevata per l’imbarazzo allontanato dal governo, la premier nelle ultime 24 ore aveva semmai frenato i due alleati, Antonio Tajani e Matteo Salvini che l’avevano consigliata calorosamente di accettare le dimissioni che Sangiuliano aveva offerto mercoledì scorso. Anche se il finale di questa storia era già scritto, a Palazzo Chigi si sarebbe voluto capire qualcosa di più di quanto successo ed escludere che a muovere la grande accusatrice Maria Rosaria Boccia ci potesse essere una manina o addirittura un grande burattinaio.


Gli indizi nella vita della Boccia che portano all’ipotesi sulla regia di Renzi

Ipotesi dell’esistenza di una regia politica intorno alla Boccia sono circolate con insistenza in queste ore fra le fila della maggioranza, anche se nessuno aveva elementi certi. Il “burattinaio” più gettonato e sussurrato nelle fila della maggioranza e soprattutto in quelle di Fratelli di Italia era il leader di Italia Viva, Matteo Renzi. A contribuire a questa ricostruzione ci sono i frequenti rapporti della Boccia con la giornalista Rai Monica Marangoni, moglie del consigliere parlamentare Cristiano Ceresani che fu capo del legislativo di Maria Elena Boschi durante il governo Renzi. E in più i rapporti stretti con il coordinatore campano di Italia Viva ed ex deputato Catello Vitiello che li ha confermati in una intervista piena di lodi alla stessa Boccia. Insieme a Renzi il chiacchiericcio sulla presunta regia del Sangiuliano gate ha sfiorato anche un grand commis dei beni culturali come Salvatore Nastasi detto Salvo, attuale presidente della Siae, ritenuto renziano anche se i rapporti con il leader di Italia Viva si sono molto raffreddati in questi mesi.


Gennaro Sangiuliano e Alessandro Giuli

La scelta irremovibile di Sangiuliano e il sospiro di sollievo nel governo

Ma l’inchiesta politica sul grande burattinaio non ha dato risposte immediate, e il passo decisivo l’ha compiuto proprio Sangiuliano, che è stato irremovibile nella sua decisione nel colloquio venerdì con la Meloni. E a quel punto la premier non si è più opposta, considerando oltretutto che con la rapida sostituzione del ministro con Alessandro Giuli si sarebbero evitati altri imbarazzi nell’imminente G7 campano per la cultura sottraendo il governo a un continuo e non meno imbarazzante bombardamento sul tema, alimentato continuamente da nuove rivelazioni della Boccia.

Ora il ministro torna in Rai. Per lui si prepara la guida della Tgr dopo il nuovo cda

Avere tolto dal congelatore imposto da Palazzo Chigi le dimissioni potrebbero essere convenienti anche per lo stesso Sangiuliano, che oggi ha le mani più libere sulla Boccia (e infatti ha già annunciato una denuncia alla signora) e può mettere il tempo necessario per fare stemperare i clamori della vicenda e immaginare il suo futuro professionale. Il ministro uscente della Cultura, infatti, è in aspettativa non retribuita come direttore della Rai e ovviamente rientrerà in azienda perché vive del suo lavoro. È necessario seppellire il più possibile lo “scandalo” perché l’ipotesi in viale Mazzini sarebbe quella di collocare Sangiuliano alla direzione della Tgr, la testata di informazione regionale di viale Mazzini che oggi è guidata da Alessandro Casarin. La poltrona potrebbe essere libera a breve perché Casarin (che è vicino alla pensione) si è candidato da tempo per un posto in consiglio di amministrazione della Rai e la Lega è orientata a farne il proprio rappresentante in quel consesso. La nomina, in questo momento, è bloccata dal mancato accordo sia interno alla maggioranza che con le opposizioni. Ma anche questo impasse potrebbe favorire il rientro di Sangiuliano in Rai.

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