Giorgia Meloni e le dimissioni di Sangiuliano: «Così ho difeso il governo dal gioco del buco della serratura»
«Ho accettato le dimissioni per salvaguardare il governo e la sua autorevolezza dal buco della serratura». Ma «mi è dispiaciuto per un ministro capace costretto a dimettersi senza aver commesso nulla di illecito». Nel retroscena del Corriere della Sera Giorgia Meloni parla così dell’addio di Gennaro Sangiuliano al ministero della Cultura. Ma la ricostruzione delle ultime ore del ministro implicato nel caso di Maria Rosaria Boccia raccontano un’altra verità. Ovvero che è stata la premier a volere il suo addio. Mentre lui tenta di difendersi presentando una denuncia per tentata estorsione. Ma non voleva dimettersi. È stato convinto soltanto dopo un’ora di colloquio a Palazzo Chigi. E a La Stampa dice: «Non sopportavo più la pressione. Ho bisogno di stare accanto a mia moglie, che amo. E presenterò un esposto».
Le ultime ore di Sangiuliano ministro
Eppure le ultime ore di Sangiuliano ministro erano cominciate in un altro modo. In mattinata si era presentato sotto l’arco di Costantino al Colosseo per valutare i danni del fulmine che lo ha colpito nei giorni scorsi. «Non mollo, per tigna e per principio non mollo», diceva. Intanto in via del Collegio Romano si era già presentato il suo avvocato Silverio Sica. Ma nel primo pomeriggio Meloni lo chiama a Palazzo Chigi. E lì capisce che per lui è finita. Rimane per oltre un’ora nell’ufficio della premier. Poi va a scrivere la lettera di dimissioni. Anche perché nel frattempo circola la voce dell’intervista realizzata da Luca Telese e Marianna Aprile e dell’esordio in tv di Maria Rosaria Boccia a In Onda su La7. Meglio prevenire, è il ragionamento di Palazzo Chigi. Meglio salutare prima che il guaio scoppi in modo così fragoroso da non poterlo più silenziare.
Le oscure manovre
Quando Sangiuliano torna al ministero proprio Sica, evidentemente informato nel frattempo, parla apertamente di dimissioni. Se le dà può difendersi meglio da libero cittadino, è il ragionamento. E così arriva la lettera carica di complottismo in cui accusa i media, l’opposizione, le oscure manovre che citava già Meloni. E lei? Nel retroscena del Corriere dice che le dimissioni sono «un fatto di responsabilità della classe dirigente». Parla della gigantesca attenzione mediatica riservata al caso. Rispetto a quello di Laudati e Striano. «Le paginate su una questione mediatica e il silenzio sull’organizzazione sistematica di dossieraggio fatta da pubblici funzionari sono spaventosi», dice. E ancora: «Dovete leggere le dichiarazioni del procuratore nazionale Antimafia sulla vicenda. Certo, è più facile occuparsi di Boccia».
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