La direttrice del pronto soccorso di Foggia: «Noi aggrediti ogni giorno. Nei reparti è come una trincea»

Le parole al Messaggero di Paola Caporaletti, dopo l’aggressione dei parenti di una ragazza deceduta in ospedale: «Picchiata anche io, ma siamo qui per aiutare gli altri»

Ha fatto il giro della rete quel video che mostrava i sanitari del pronto soccorso di Foggia barricati dietro una porta per difendersi dai parenti di una giovane 23enne morta poche ore prima. Mentre i parenti della deceduta parlano di malasanità, oggi sulle colonne de Il Messaggero interviene Paola Caporaletti, dirigente dell’unità di pronto soccorso del policlinico di Foggia. «Un disagio quotidiano per tutti noi – racconta – aggressioni fisiche e verbali, la maggior parte poi non viene segnalata dagli operatori. Io stessa sono stata ripetutamente vittima, come gli altri. Tre mesi fa strattonata, hanno cercato di prendermi a pugni, sono stata colpita a un braccio. Non era la prima volta. Non ho riportato un danno paragonabile a quello appena causato ai miei colleghi, ma non è pensabile si alzino le mani su chiunque». E aggiunge: «Medici e pazienti tutti hanno lo stesso fine: la cura della persona. Dovremmo camminare insieme. Chi aggredisce un medico, aggredisce se stesso».


«Svalutazione completa degli studi e delle competenze»

Perché avvengono sempre più aggressioni negli ospedali? «Con un problema di alterazione e di inesistenza di un sociale, che ha già ricadute. C’è chi ha studiato per prendersi cura degli altri e viene trattato così. C’è una svalutazione completa degli studi e delle competenze. La magistratura farà il suo corso, fermo restando la categorica condanna verso qualsiasi forma di violenza nei rapporti professionali e umani, non giustificabile anche davanti al dolore», spiega dirigente. E ancora: «La ricaduta è quella di una nuova generazione che sempre più non sceglie di fare il medico e se lo fa non sceglie di fare l’ospedaliero, nelle categorie più specialistiche ed esposte a emergenza e urgenza».


Dottor Google

«O mi curi ora e subito, anzi decido io come ti aggredisco o ti denuncio. “Ho letto su dottor Google, ho sentito la vicina”. Poi sono anni che segnaliamo la carenza di organico, i medici sono in difficoltà specie a portare avanti i pronto soccorso. Mi duole che non ci sia stato ancora nei cittadini un movimento di ribellione che abbia detto: muoviamoci, sta crollando un bene comune che tutti ancora ci invidiano. Non c’è stata una presa di coscienza, si continua solo a pretendere e lamentarsi di inefficienze reali o presunte», spiega Caporaletti. «Sono convinta – aggiunge – sia saltato un patto sociale di cura, come del resto per gli insegnanti. I medici curano, accolgono chiunque ma manca il riconoscimento della professionalità e del ruolo. Non lavoriamo serenamente, ci sentiamo costantemente messi in discussione e contestati nelle scelte diagnostiche e terapeutiche. Ogni giorno compiamo scelte, questo clima non favorisce la serenità mentale che dobbiamo avere specie nell’emergenza».

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