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Il ritorno dei Co’Sang e un «nuovo» Shiva. Tananai re delle ballate – Le nostre recensioni delle uscite della settimana

08 Settembre 2024 - 19:57 Gabriele Fazio

Co’Sang – Dinastia

Un album dei Co’Sang chiude un cerchio nella storia del rap italiano. Un po’ perché la palla torna in mano a chi ha contribuito attivamente alle fondamenta di questo genere, a chi c’ha creduto quando non ci credeva nessuno, quando nessuno era interessato. Un po’ perché ci ricorda il ruolo del rap napoletano nella diffusione di questa cultura musicale nel nostro paese: fondamentale. Ntò e Luchè si ritrovano in questo album ottimamente ponderato, come ponderati – è inevitabile – devono essere le reunion, i grandi ritorni, carichi delle aspettative nostalgiche di chi ti ha amato, delle persone alle quali mancavi, per le quali la tua musica ha avuto un certo significato e ora pretendono un nuovo racconto, una nuova visione. In questo Dinastia è perfetto, perché riesce a declinare la poetica del duo sul nuovo. Nuovo supporto, digitale, è il primo album dei Co’Sang a essere distribuito su una piattaforma, ai tempi di Chi more pe’ mme e Vita bona, 2005 e 2009, Spotify non esisteva o era ancora un seme senza frutto. Nuova poetica, fisiologicamente più adulta, più intensa, meno concentrata sulle tematiche street e più su una maturazione personale, intima, per questo anche assai delicata. Nuove sonorità, è chiaro, il duo infatti non impone la propria matrice, perché per come va veloce oggi la discografia il 2005-2009 è praticamente la preistoria del rap. Il genere è cambiato, suona in maniera diversa, per certi aspetti inesorabilmente migliore, e serve adattarsi, serve riuscire a mettersi in connessione con un pubblico nuovo. Un pubblico nuovo conquistato anche grazie all’intervento di artisti nuovi, una selezione accurata quella di Ntò e Luchè, che ospitano i Club Dogo, anche loro in periodo di reunion, il fenomeno internazionale Liberato, con cui cantano la delicata (per qualche fan fin troppo) Sbagli e te ne vai, sua maestà Marracash e, naturalmente, Geolier, con il quale ci immaginiamo un metaforico passaggio di scettro. Poesia e melodia sono organi vitali per come i napoletani intendono la musica, infatti anche Dinastia, che è un disco puramente rap, spurga un romanticismo autentico, lirico, quel qualcosa che solo i napoletani possiedono, quella visione intensa della vita, anche quando è difficile, soprattutto quando è difficile.