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La vita su Marte e i droni salvavita, l’ingegnera Chiara Cocchiara: «Non volevo diventare principessa, ma astronauta»

Due figli piccoli, tre lauree e la collaborazione con l’Agenzia spaziale europea: «Sul Pianeta rosso andremo nel prossimo decennio»

Nel mondo ci sono cinque persone che hanno provato sul loro corpo come si potrebbe vivere su Marte, o almeno si sono avvicinati. Quattro erano americani, la “crew commander” era una italiana. Chiara Cocchiara, ingegnere aerospaziale 36enne di Gela, lavora come senior innovation officer presso il Phi-lab, uno dei laboratori dell’Esa (Agenzia spaziale europea). Ospite sabato 14 settembre dalle 16 presso il Festival internazionale dell’Ingegneria a Milano, parlerà proprio nel talk “Come abiteremo nello spazio” insieme all’architetto spaziale Valentina Sumini e alla docente di Tecnologia dell’Architettura del Politecnico di Milano Ingrid Paoletti. Ma una prima risposta alla domanda «andremo mai su Marte?» l’ha già data in anteprima a Il Giorno: «Ad oggi ci sono una serie di difficoltà tecniche, a partire dal tempo di percorrenza o le telecomunicazioni». Appuntamento, secondo lei, rimandato almeno al 2030.


Le lauree e il lavoro

Tre lauree (Pisa, Kiruna in Svezia e Tolosa in Francia), un Master of business administration a Roma e un dottorato in via di chiusura a Palermo. E il curriculum di certo non si ferma qui: inserita da Forbes nella lista dei migliori under-30 nel settore industriale, vincitrice del premio Innovator Under35 conferitole dal prestigiosissimo Mit di Boston. Il progetto alla base di tale successo? Usare i droni come mezzi di pronto soccorso: «Sono droni dotati di sensori infrarossi e supportati da infrastruttura spaziale, in grado di captare la presenza umana anche in location estreme. Attraverso i dati forniti dal sistema di osservazione terrestre combinati con parametri medici, si possono ottenere informazioni per capire se una persona è ancora viva anche si trova dispersa in mezzo al mare o in montagna, organizzando così al meglio la macchina dei soccorsi».


L’infanzia e la giovinezza

Ma, racconta Cocchiara, tutto questo percorso inizia fin dall’infanzia: «Il mio sogno da bambina non era diventare principessa ma astronauta. La mia passione per lo spazio è nata lì». Tanto da evitare anche i soliti dubbi adolescenziali. «Al momento di scegliere l’università – continua l’ingegnere – senza tentennamenti mi sono iscritta a Ingegneria aerospaziale a Pisa: su 180 iscritti eravamo solo 15 studentesse. Credo sia stata una grande fortuna poi potermi occupare di space economy, in un periodo caratterizzato da una fortissima accelerazione».

Mars Society

E poi l’occasione di una vita, quella che l’ha vista comandante «nel deserto dello Utah di una missione Nasa». Si tratta del progetto, datato 2015, della Mars Society: «La missione simulava la vita degli astronauti su Marte. Ho vissuto in una capsula per due settimane, con un’altra ricercatrice e tre ricercatori, tutti statunitensi». Un test a tutti gli effetti, non solo fisico ma anche mentale: «Abbiamo vissuto come se fossimo un equipaggio, hanno anche messo alla prova la nostra tenuta psicologica. L’esperimento è avvenuto nel periodo natalizio che genera una pressione maggiore, vista la lontananza degli affetti. In più eravamo isolati e senza internet. Ma non avevamo modo di annoiarci: come succede davvero agli astronauti, l’agenda era molto fitta, con una serie di esperimenti da fare. Abbiamo testato ad esempio un rover della Nasa. Non mancava l’educazione fisica perché in ambienti con micro-gravità non deve mancare».

L’incontro con l’Esa e l’ingresso nel phi-lab

Negli ultimi anni la 36enne ha in realtà spaziato molto, occupandosi anche di «sistemi di osservazione terrestre, sia con satelliti in orbita che in preparazione di missioni future». Poi, nell’ultimo periodo, l’incontro con l’Esa e l’ingresso nel Phi-lab a Frascati. Un luogo dove si fa ricerca sulle «idee più innovative e dirompenti sia per satelliti in orbita che per le applicazioni sulla Terra. Ad esempio si utilizzano l’intelligenza artificiale o il quantum computing per la gestione dei dati satellitari e di missione. L’obiettivo è accelerare il futuro dell’osservazione della Terra, attraverso innovazioni e commercializzazione dello spazio, con progetti assieme a esperti di vari campi».

La figlia

In mezzo a un’agenda sempre piena, però, Chiara Cocchiara trova il tempo per la figlia di due anni e il figlio di 5 mesi. «Sono stata molto fortunata. Prima nell’avere una famiglia che ha sempre creduto in me, poi nel lavorare in istituzioni che non mi hanno imposto di scegliere fra carriera e figli, garantendomi quella flessibilità di cui avevo bisogno». Guardare in casa e allo stesso tempo mirare alle stelle, o meglio a Marte: «Al Festival dell’Ingegneria spiegherò come l’intelligenza artificiale possa aiutarci anche per organizzare una missione sul “pianeta rosso”. È presumibile che ci arriveremo nel prossimo decennio. Prima avverrà l’esplorazione della Luna»

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