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La Corte di giustizia dell’UE conferma le stangate a Apple e Google. Cupertino dovrà restituire 13 miliardi all’Irlanda

10 Settembre 2024 - 13:38 Filippo di Chio
apple google multa corte giustizia ue
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Doppio schiaffo per le big tech: Google dovrà pagare 2,4 miliardi di multa

Doppio colpo della Corte di giustizia dell’Unione Europea alle multinazionali tecnologiche americane. L’organo ha confermato la multa da 2,4 miliardi di euro ai danni di Google. La decisione, contro cui Alphabet aveva presentato ricorso, era stata presa dalla Commissione europea con l’accusa di abuso di posizione dominante. Parallelamente la stessa Corte ha ribaltato la sentenza del Tribunale dell’UE sui “ruling fiscali” che l’Irlanda aveva adottato illecitamente per favorire Apple.

Apple e gli aiuti statali illegali

La decisione sul colosso di Cupertino era arrivata già nel 2016 da parte della Commissione. L’Irlanda, secondo Bruxelles, aveva aiutato illegalmente Apple tramite “ruling”, decisioni preliminari con cui le autorità fiscali si pronunciano su una data questione. Dal 1991 al 2014 la big tech americana avrebbe goduto di 13 miliardi di euro in trattamenti fiscali di favore sugli utili. Questi sono considerati aiuti statali da parte di Dublino, dove Apple ha la sua principale sede europea per il regime fiscale favorevole ai business. Ma quegli aiuti sono stati giudicati illegali per le norme concorrenziali comunitarie. Il governo nei suoi “ruling” preventivi aveva infatti considerato la Apple Sales International (Asi) e la Apple Operations Europe (Aoe) come società di diritto irlandese, sebbene non fossero stabilite fisicamente nel Paese.

Comportamento che, dopo vent’anni, l’Antitrust ha giudicato incompatibile con la libera concorrenza mercato interno. Bruxelles aveva quindi ordinato a Dublino di recuperare gli importi. La sentenza nel 2020 era stata ribaltata dal Tribunale e oggi viene invece ribadita dalla Corte. I profitti registrati da Apple nelle aree irlandesi avrebbero dovuto essere assegnati alle filiali locali. La multinazionale quindi «avrebbe dovuto pagare tasse su tutti i relativi profitti per un totale di 13 miliardi», ha spiegato la vicepresidente della Commissione Margrethe Vestager. Una tale somma ora deve essere versata dall’azienda di Cupertino nelle casse dello Stato.

Google dovrà pagare 2,4 miliardi

Sempre la Cgue ha ufficializzato il respingimento del ricorso di Google e Alphabet contro la maxi multa da 2,4 miliardi di euro. Comminata dalla Commissione europea nel 2017, la pena pecuniaria era giustificata dall’abuso di posizione dominante di Google nello Spazio economico europeo. In particolare nel settore delle ricerche su Internet, in cui la società avrebbe favorito il proprio comparatore di prodotti rispetto a quelli dei comparatori di prodotti concorrenti. In particolare Google era solita presentare i risultati di ricerca del suo comparatore in prima posizione, evidenziandoli graficamente tramite scelte testuali e visive che catturavano l’occhio dell’utente. I concorrenti, al contrario, erano rilegati a banali link su cui cliccare.

Un giorno «epocale» per Bruxelles

Dalla Commissione europea arrivano parole di soddisfazione per la doppia vittoria. «Oggi è una grande vittoria per i cittadini europei e per la giustizia fiscale», ha commentato la vicepresidente Margrethe Vestager. Un risultato secondo lei epocale, che dimostrerebbe che «nessuno è al di sopra della legge. Anche le più potenti società tecnologiche possono essere ritenute responsabili». Il governo di Dublino ha già comunicato che «rispetterà la sentenza», provvedendo dunque al recupero dei 13 miliardi di euro di tasse mancanti. Dalla sua parte, invece, Apple accusa l’esecutivo europeo di aver «cambiato retroattivamente le regole ignorando che, come previsto dal diritto tributario internazionale, il reddito era già soggetto a imposte negli Stati Uniti». E ha poi aggiunto: «Questo caso non ha mai riguardato la quantità di tasse che paghiamo, ma il governo a cui siamo tenuti a pagarle». Di tono simile anche la reazione di Google. «Siamo delusi», ha dichiarato un portavoce. «Abbiamo apportato modifiche nel 2017 per conformarci alla decisione della Commissione e il nostro approccio ha funzionato con successo per oltre sette anni, generano migliaia di clic per oltre 800 servizi di comparazione prezzi».

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