Rapporto Coop 2024, la scelta degli italiani guidata da inquietudine, risparmio e overworking: «Il governo non tagli l’assegno unico»

L’anteprima del documento che fotografa gli stili e i consumi degli italiani. L’appello del presidente Ancc-Coop al governo: «Aiutare le famiglie in difficoltà»

Dopo 5 anni di emergenza, tra pandemia, guerre e inflazione, affrontata a testa bassa, gli italiani tornano a rialzare la testa ma guardano al futuro con inquietudine. Sono tre le preoccupazioni principali, fotografate dal Rapporto Coop 2024 – qui quello dello scorso anno – sui consumi e gli stili di vita presentato in anteprima il 10 settembre. E la prima è la guerra, che entra a peno titolo nella quotidianità degli italiani, tanto che la maggiora parte la vede ormai nel proprio futuro. Due terzi degli italiani si dice favorevole all’entrata in guerra su richiesta della Nato, e il 55% è favorevole al ritorno della leva obbligatoria. La seconda preoccupazione riguarda il cambiamento climatico, che per geografia e morfologia rischia di avere l’Italia come uno dei Paesi più penalizzati. E infine l’economia. Evitata la stagflazione, grazie alle politiche monetarie restrittive, l’Europa rimane però «malato del mondo», come spiega Albino Russo Direttore Generale Ancc-COOP. Le economie europee crescono poco e arretrano negli equilibri mondiali. «In questo contesto però l’Italia alza l’asticella della sua crescita potenziale e con la spinta del Pnrr nei prossimi anni potrebbe migliorare ancora le stime», spiega ancora Russo leggendo i dati del documento. Seppur a ritmi contenuti, sempre intorno all’1%, l’Italia si migliora tra i paesi europei.


Il lato negativo della crescita

L’Italia cresce più delle stime precedenti: +0,9% a fine 2024 rispetto a una previsione di +0,7%. Una crescita contenuta, con il potere di acquisto del nostro Paese che ha recuperato i livelli pre-pandemia, ma i dati nascondono anche altro. Nel nostro Paese si riduce la percentuale di cittadini-consumatori che guarda con fiducia al futuro (-4 punti in 2 anni), e aumenta viceversa la quota di inquietudine (+11 punti dal 2022). La mancanza di serenità batte forte sulle giovani generazioni, tra le più mobilitate in Europa per rivendicare i propri diritti e un futuro migliore. Il potere d’acquisto in ripresa, grazie alla frenata dell’inflazione non può nascondere che il reddito pro capite è inferiore di 4 punti rispetto al 2019. Ma soprattutto, gli italiani lavorano di più per provare ad avere lo stesso tenore di vita di 5 anni fa. Per assorbire inflazione e stipendi al palo per mantenere stabile il potere di acquisto delle famiglie, sempre più italiani ricorrono all’overworking. Secondo il Rapporto Coop, già nel 2023 per ottenere redditi di poco superiori al 2019 i lavoratori sono stati costretti a un surplus di ore lavorate, un miliardo e mezzo di ore in più, con grandi differenze tra i settori economici. I redditi per occupato dei lavoratori della sanità sono calati dell’8,5%, quelli dell’istruzione dell’11,2%, mentre nel settore costruzioni e in quello immobiliare sono cresciuti rispettivamente del 4,6% e del 6,4%. A dare conferma delle difficoltà dei consumatori, basti pensare che il 75% del campione intervistato si è dichiarato insoddisfatto della propria retribuzione.


Il presidente Pedroni: «Il governo non tagli l’assegno unico»

Seppure i consumi in termini reali sono tornati ai livelli pre-pandemia, gli italiani sono ostaggio delle spese obbligate, necessarie, con poco spazio alla discrezionalità. Le famiglie si fanno sempre più guidare dal risparmio nelle loro scelte. «Per quanto riguarda una valutazione sulla manovra del governo è ancora presto, vediamo come saranno i contenuti del provvedimento. Ci aspettiamo che non venga tagliato l’assegno unico», ha dichiarato il presidente Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori) Marco Pedroni, «l’assegno unico infatti è uno strumento di sostegno universale alle famiglie e ci aspettiamo una politica che continua ad aiutare la parte più in difficoltà, il ceto medio e le parti più popolari del Paese». L’appello di Pedroni all’esecutivo è a «una politica più forte di sviluppo», senza farsi troppe illusioni: «Mi sembra che siamo in una fase di restringimento e non di programmazione in ottica di crescita».

Foto di copertina: ANSA / MATTEO BAZZI

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