La rivolta del centrosinistra Ue contro von der Leyen: «Fitto vicepresidente della Commissione? Un regalo ai sovranisti, così niente fiducia»
Il varo della nuova Commissione guidata da Ursula von der Leyen sembrava poter avvenire, se non in piena tranquillità, in modo tutto sommato ordinato. Fino a oggi, martedì 10 settembre, quando il quadro s’è fatto improvvisamente tormentato per la 65enne leader tedesca. A indicare che qualcosa non tornava, nel cammino previsto di costruzione della nuova «squadra di governo» Ue, era stata la notizia filtrata di primo mattino che von der Leyen non sarà domattina alla conferenza dei capigruppo del Parlamento europeo come inizialmente previsto. «Su richiesta della Commissione europea, la presentazione da parte della presidente von der Leyen della struttura e dei portafogli della nuova Commissione avrà luogo il 17 settembre alle 9 a Strasburgo. Il Parlamento resta pronto ad avviare il processo di audizioni di conferma», ha atto sapere in mattinata su X la vice-portavoce dell’Assemblea Delphine Colard. Perché rinviare tutto di quasi una settimana? Semplici questioni burocratiche o seri scogli politici? La Commissione ha tentato di accreditare la prima spiegazione. Ma nell’arco di poche ore a scoperchiare la pentola portando allo scoperto rivendicazioni e veti di puro sapore politico sono stati gli stessi euro-partiti della “maggioranza Ursula”, a cominciare dai Socialisti & Democratici. E il problema n° 1 per von der Leyen, emerge ora in tutta chiarezza, si chiama Raffaele Fitto.
September 10, 2024
La minaccia di sfiducia dei Socialisti
ll Campanello d’allarme con la C maiuscola suona per von der Leyen subito dopo l’ora di pranzo. «Rafforzare il processo dello Spitzenkandidat, garantire l’equilibrio di genere e una forte attenzione ai diritti sociali sotto la supervisione di una figura con l’esperienza necessaria, e un’equa distribuzione delle posizioni di vicepresidente esecutivo che rifletta la maggioranza del Parlamento europeo. Queste sono le aspettative della famiglia progressista europea per la composizione della prossima Commissione europea. E se non saranno soddisfatte, i leader dei Socialisti & Democratici al Parlamento europeo avvertono che sarà molto difficile, se non impossibile, sostenere i Commissari presentati da Ursula von der Leyen», mette nero su bianco il gruppo del centrosinistra Ue in un comunicato stampa ad hoc. Suona come poco meno di una dichiarazione di guerra. Ma che significa? Cosa chiedono esattamente i Socialisti alla presidente riconfermata – anche col loro voto – meno di due mesi fa? La traduzione al di fuori del politichese arriva poco oltre nel testo. I leader e gli europarlamentari progressisti hanno letto sui media europei le fughe di notizie dei giorni scorsi sulla possibile quadra politica della nuova Commissione, forse ne hanno avuto conferma diretta, e non hanno per nulla apprezzato. Due in particolari i bocconi che i Socialisti sembrano non aver digerito: da un lato l’esclusione del Commissario uscente e candidato leader alle ultime elezioni europee Nicolas Schmit (tagliato fuori però dal governo lussemburghese, che non l’ha rinominato, più che da von der Leyen); dall’altro la prospettiva di un Raffaele Fitto – dirigente di FdI e dunque esponente di rango dei sovranisti di Ecr – vicepresidente esecutivo della Commissione e forse perfino responsabile del portafoglio strategico dell’Economia, secondo lo scenario apparentemente ben informato disegnato giorni fa da Die Welt.
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L’irritazione sul ruolo di Fitto e lo stupore del Pd
Quanto basta per avvertire pubblicamente von der Leyen che così la sua nuova Commissione potrebbero non andare lontano, forse neppure vedere la luce. «Il nostro sostegno non è mai stato un assegno in bianco. Siamo sempre stati chiari sul fatto che la prossima Commissione deve venire incontro alle nostre aspettative, sia sulle politiche che sui principi», dichiara il presiedente del Pse, lo svedese Stefan Löfven. E ciò non sta avvenendo. L’esclusione di Schmit significherebbe «fare a pezzi il precedente che ha sempre retto da quanto il processo dello Spitzenkandidat è stato introdotto nel 2014, per il quale i candidati comuni assumono un ruolo cruciale a livello Ue» dopo le elezioni. Mentre l’assegnazione a Fitto di un ruolo del peso previsto vorrebbe dire «portare proattivamente l’Ecr nel cuore della Commissione. Von der Leyen disse prima delle elezioni che sarebbe stata la “composizione del prossimo Parlamento” a decidere questa Commissione. Bene, una maggioranza pro-europea con un consenso pro-europeo esiste. Va ora messa in pratica», avverte per parte sua la leader S&D al Parlamento Iratxe García Perez. A preoccupare il gruppo sono oltre tutto pure il futuro affidamento della delega al Lavoro e l’equilibrio di genere nella nuova Commissione. Un altolà talmente pesante, quello del centrosinistra Ue a von der Leyen, che poco dopo il Pd sente il bisogno di prendere le relative distanze dalla famiglia politica europea. «Fitto sarà valutato senza alcun pregiudizio, ma è necessario che dia segnali ampiamente europeisti nella sua presentazione», provano ad addolcire la pillola fonti parlamentari Pd all’Ansa. Premurandosi di far sapere che «non è stata la delegazione italiana a porre il problema Fitto». Che però ora è sul tavolo di von der Leyen, e all’attenzione pubblica di tutta Europa.
La «ribellione» estiva dei governi e i ritardi
Von der Leyen aveva spedito le lettere ai governi nazionali chiedendo di esprimere i propri candidati per i rispettivi posti di Commissario (ciascun Paese ne esprime uno) subito dopo essere stata riconfermata dal Parlamento europeo per un secondo mandato, a metà luglio. Indicando il metodo desiderato e la deadline. Il metodo: l’indicazione da parte della capitale di due nomi, quelli di un uomo e una donna, tra cui scegliere. La data limite: il 31 agosto. Ma il processo di selezione si è complicato nel corso dell’estate, per lo meno agli occhi di von der Leyen, soprattutto per via della «ribellione» degli Stati membri alle sue indicazioni: uno dopo l’altro, i governi hanno preso a indicare un nome secco per il loro posto alla Commissione – come consentito dai Trattati Ue – e nella maggior parte dei casi (17) quello di un uomo. Addio sogni di equilibrio di genere nella nuova Commissione, dunque. Oltre tutto s’è finito per sforare sulle tempistiche previste: diversi Paesi, tra cui l’Italia, hanno indicato il loro candidato (Raffaele Fitto, nel caso del governo Meloni) all’ultimo giorno utile; il Belgio, complice l’assenza di un governo in piene funzioni dopo le elezioni di giugno, lo ha fatto lunedì 2 settembre.
Il riequilibrio di genere e le tensioni su Fitto e Ribera
Rientrata dalle vacanze, sin dalla fine di agosto, von der Leyen stessa s’è messa a manovrare per convincere almeno alcuni governi dei 27 a rivedere la loro scelta indicando una donna anziché un uomo per la Commissione – con la prospettiva, magari, di ricevere in cambio una delega di maggior peso. Pressioni che sembrano aver avuto successo in almeno due casi: quello della Romania, che ai primi di settembre ha virato sull’europarlamentare socialista Roxana Mînzatu, e quello della Slovenia, che soltanto ieri ha espresso la sua nuova candidata, l’ex ambasciatrice Marta Kos. Indicazione che deve però essere ancora ratificata dal Parlamento di Lubiana: il voto è in programma per venerdì. Proprio a questo scoglio è legato il rinvio della presentazione della squadra per il bis di von der Leyen, hanno spiegato fonti ufficiali della Commissione in mattinata. Anche se è probabile che la navigata politica tedesca si avvalga volentieri della «estensione» auto-accordata per risolvere una serie di nodi politici evidentemente non risolti. Le tensioni evocate su Fitto – su cui oltre ai Socialisti annunciato battaglia in queste ore pure Verdi e Liberali – ma pure gli opposto malumori del Ppe sull’affidamento della delega strategica alla Transizione ecologica alla socialista spagnola Teresa Ribera.
Le forche caudine del Parlamento europeo
Von der Leyen d’altra parte è consapevole del fatto che il nuovo team della Commissione non ha affatto la certezza di perdere le proprie funzioni nella composizione esatta che lei indicherà. Di mezzo c’è il mare rappresentato dalle audizioni al Parlamento europeo di ogni singolo candidato Commissario. Esercizio tutt’altro che di forma, che per «tradizione» ormai consolidata finisce regolarmente con qualche bocciatura se il candidato non convince nel merito delle competenze necessarie a esercitare la funzione prevista, o per gaffes o posizioni politiche giudicate «strampalate» (ne sa qualcosa, in Italia, l’ex leader post-Dc Rocco Buttiglione).
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