Israele e l’offerta a sorpresa per la tregua a Gaza: «Sinwar potrà uscire salvo se libera tutti gli ostaggi». Ma Hamas non si lascia incantare

Nulla di nuovo dopo la giornata di colloqui a Doha. L’ipotesi del salvacondotto non raccoglie l’interesse della controparte

Nei negoziati di oggi a Doha con il capo dell’intelligence egiziana e il premier del Qatar, la delegazione negoziale di Hamas ha ribadito il suo ok a un cessate il fuoco «immediato, che includa il ritiro delle forze israeliane dall’intera Striscia di Gaza». In un comunicato diffuso dopo i colloqui, la stessa Hamas ha detto però di non avere nuove richieste e che si «oppone a qualsiasi nuova richiesta da entrambe le parti». «Abbiamo dato la nostra risposta ai mediatori e siamo interessati a un’ulteriore mediazione per raggiungere un accordo», ha aggiunto Hamas.


Cosa aveva offerto Israele

Un salvacondotto per consentire a Yahya Sinwar di uscire vivo e in sicurezza da Gaza in cambio della liberazione degli ostaggi israeliani ancora detenuti da Hamas (e dalle altre milizie palestinesi) e della sua rinuncia al controllo della Striscia. È quello che ha proposto in un’intervista a Bloomberg il capo negoziatore di Israele Gal Hirsch. Nel colloquio con l’emittente economica, concesso nel corso di una visita negli Usa, l’uomo che guida i negoziati per la liberazione degli ostaggi per conto del governo Netanyahu ha alternato aperture e minacce. Nessun dubbio sul fatto che Sinwar sia un criminale con le mani sporche del sangue di centinaia di israeliani: i 1.200 uccisi nella strage del 7 ottobre da lui architettata, le decine di ostaggi a Gaza già uccisi. Per questo Hirsch ha paragonato, come fatto in passato da Netanyahu, il capo di Hamas a Adolf Hitler, e ribadito che l’opzione migliore sarebbe eliminarlo quanto prima. «In parallelo», ha però aggiunto, «io devo lavorare al piano B, C e D perché devo portare a casa gli ostaggi. Le lancette dell’orologio girano e gli ostaggi non hanno tempo». Per questo, ha affermato il capo negoziatore di Israele, «sono pronto a concedere un passaggio sicuro (fuori dalla Striscia, ndr) a Sinwar, la sua famiglia e chi altro voglia unirsi a lui».


La ricerca dell’intesa e gli «effetti speciali»

Una svolta nell’approccio di Israele verso un possibile cessate il fuoco a Gaza o una mossa comunicativa ad effetto? Nell’intervista Hirsch ha detto che l’offerta, messa sul piatto dei negoziati l’altro ieri, rientra negli sforzi diplomatici in corso per trovare nuove soluzioni a trattative finite per l’ennesima volta in stallo. Hirsch ha anche ribadito che Israele resta pronta a rilasciare prigionieri palestinesi nell’ambito della possibile intesa. Non ha rivelato se Hamas abbia già reagito alla proposta, e se sì in che modo. A gettare qualche ombra sulla rilevanza dell’apertura, d’altra parte, è il fatto che il capo negoziatore si sia sempre espresso in prima persona, come se volesse indicare una posizione sua, più che del governo Netanyahu nel suo insieme (che conta al suo interno partiti di ultradestra contrari a qualsiasi concessione a Hamas). I media israeliani non sembrano in queste ore grande rilievo alla notizia.

Salvacondotto verso la morte?

La stessa Bloomberg d’altra parte solleva qualche perplessità sull’impatto della proposta. Ricordando come sì, Israele potrebbe in effetti far uscire Sinwar in sicurezza alla Striscia – lo stesso Netanyahu aveva detto a maggio che «l’idea del suo esilio è sul tavolo, ne abbiamo sempre parlato». Ma come per la leadership israeliana l’operazione potrebbe essere niente più che uno spostamento nello spazio e nel tempo del vero obiettivo: l’eliminazione della mente del 7 ottobre e magari dei suoi più stretti collaboratori. Non è un segreto che Israele persegua in tutto il mondo i capi dei gruppi terroristici che ne vogliono la distruzione, e abbia dimostrato anche nei mesi recenti di saper arrivare dove vuole. Il doppio omicidio mirato nell’arco di 24 ore a fine luglio – del numero 2 di Hezbollah Fuad Shukr a Beirut prima, del capo politico di Hamas Ismail Haniyeh a Teheran poi – ha indicato la vera via maestra per Israele. E lo stesso Hirsch non ne fa in fondo mistero, evocando per i responsabili dell’eccidio del 7 ottobre «una risposta in stile Monaco», un riferimento alle operazioni in tutto il mondo condotte da Israele negli anni successivi al massacro delle Olimpiadi del 1972 per eliminare tutti i membri di quel commando.

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