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Francesco Totti: «La Roma? Sono ingombrante. De Rossi rischia di fare la fine di Mourinho»

12 Settembre 2024 - 06:23 Alba Romano
francesco totti as roma daniele de rossi
francesco totti as roma daniele de rossi
L'ex capitano dei giallorossi: «Da quando Sinner ha giocato con me a padel è diventato un campione»

L’ex capitano della A.S. Roma Francesco Totti torna a parlare del suo argomento preferito. E cioè i giallorossi. In un’intervista al Messaggero il campione del mondo comincia dal 28 maggio 2017, giorno del suo addio al calcio: «Rimarrà sempre maledetto. Una volta che smetti, poi cambia totalmente la visione della vita. Cambiano le abitudini, il campo di calcio, la percezione del divertimento. Adesso vivo con altri pensieri, inseguo altri scopi. Come ho sempre detto, c’è un inizio e una fine, perciò è giusto così». Dice che adesso è un tifoso della Roma e basta. Anche se non ha un ruolo in società come vorrebbe. Perché è «troppo leale, eccessivamente sincero». In definitiva, «una figura ingombrante».

Figura ingombrante

Perché, spiega Totti, «quello che dico io viene preso in considerazione, quello che dicono altri, meno. È come se avessero paura di avere una figura importante dentro la società, credono che non possa aiutare e invece uno potrebbe farlo». Anche se si sente al telefono con l’attuale allenatore e Capitan Futuro Daniele De Rossi: «Per lui non darei una mano, ma un braccio, per farlo stare bene e tranquillo. Anche perché, come è giusto che sia, se lavorassi per la società è come se lavorassi per Daniele. Cammineremmo insieme». Oggi dice che il direttore sportivo «non lo farei mai, però magari mi vedrei in un ruolo come quello ricoperto da Ibrahimovic o Zanetti: un riferimento tra società, squadra e allenatore. In poche parole, una figura come quella del direttore tecnico. Uno che ci mette la faccia, che dice le cose come stanno, è semplicissimo. Un incarico operativo, non uno da chiamare solo quando ci sono dei problemi».

Le altre società

Dice che qualche squadra l’ha chiamato «ma io sono fedele alla Roma». Perché «se dovessi andare a fare il dirigente in un altro club sarebbe un fallimento. Ma per la Roma, non per me». Oggi dai giallorossi è deluso: «Anche perché per quello che ho fatto io per la Roma, per la società, per tutti, mi aspettavo qualcosa di diverso. Ogni due, tre, quattro, cinque anni la proprietà cambia e chi arriva ha le sue idee e i suoi pensieri. E alla fine sono da rispettare». La nuova Roma che esce dal calciomercato invece «ancora non l’ho capita sinceramente. Alla fine è stato un miscuglio di giocatori, chi prima, chi dopo, alla fine sono stati presi quattro calciatori insieme. Sono stati investiti tanti soldi. Io con settanta milioni avrei fatto altre scelte, li avrei spesi diversamente».

Dobvik, Koné e Dybala

Poi entra nel dettaglio degli acquisti. Partendo dalla punta Dovbyk: «L’attaccante certamente andava preso e in quel caso meno di trenta è difficile». Tra i nuovi arrivati apprezza soprattutto «Koné, lui sì che mi piace». Su Dybala si era espresso qualche tempo fa. «E rimango del mio pensiero, anche perché non ho mai parlato male di Paulo. Ho sempre avuto massimo rispetto e ammirazione, anche perché ho sempre detto che è il giocatore più forte della Roma, perciò va tutelato. Ma adesso vediamo come lo gestiranno. Quello che è accaduto ultimamente forse è stata un’incomprensione o un malinteso, vedremo». Dice che la Roma deve per forza qualificarsi per la Champions League «vedendo le spese folli che ha fatto sul mercato, per forza. Se investi 100 milioni e non ci arrivi è un fallimento totale. Anche perché senza Champions, Daniele salta prima, non arriva fino alla fine».

De Rossi e Mourinho

Totti consiglia a De Rossi di farsi rispettare. Altrimenti rischia di diventare il nuovo Mourinho: «Anche se in questo momento è l’unico che può fare l’allenatore a Roma. Ma torniamo al solito discorso, se c’è la società forte che esce allo scoperto e parla chiaro sugli obiettivi, allora è tutto tranquillo. In questo modo la piazza sa tutto. Invece ora la colpa, nel caso le cose non dovessero andare bene, ricadrebbe tutta su Daniele. È quello che è accaduto a Mourinho, perché José ci metteva la faccia. Però nessuno lo aiutava, nessuno parlava. Dopo è dura eh, mettersi contro sei milioni di persone. È dura, perché puoi essere chi vuoi, se non porti risultati, diventi il capro espiatorio. Ma Daniele ne è consapevole».

La Nazionale e Sinner

La chiusura è sulla Nazionale: «Pensavamo un po’ tutti che l’Italia potesse fare molto meglio, ma non sono arrivati in buone condizioni fisiche e mentali. Quando si approccia così una competizione così importante è difficile arrivare fino in fondo. Spalletti fortunatamente o sfortunatamente penso abbia capito i suoi errori, quindi sperò che possa ripartire da questa Nations League per poter tornare ad alti livelli». Poi un accenno a Jannik Sinner: «Scherzando e ridendo, da quando Jannik ha giocato con me a padel è diventato il numero 1 al mondo. Sarà stata una casualità, però… Siamo stati avversari per pochi minuti, gli ho fatto vedere due/tre movimenti e lui ha capito. Gli ho dato fiducia, positività e non ha più perso».

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