La Bohème tascabile, l’idea del tenore Terranova per avvicinare i giovani: «A costo di farne un reel, non mollerò mai!». L’intervista

Il format, ideato dal tenore Gianluca Terranova, debutterà alla Sagra Musicale Umbra il 13 settembre

La Bohème per la generazione TikTok, è questa l’idea del tenore Gianluca Terranova per la 79ª edizione della Sagra Musicale Umbra. Il format si intitola Operacorto, si tratta di una riduzione alle arie essenziali del capolavoro di Puccini, legate tra di loro da un filo narrativo nuovo e originale, per avvicinare i giovani a questa straordinaria forma d’arte che però ha bisogno di nuova linfa vitale affinché non rischi di estinguersi per (colpevole) mancanza di interesse. Nel centenario pucciniano, la Sagra, in programma dal 6 al 20 settembre a Perugia, offre un omaggio al compositore lucchese considerato uno dei maggiori operisti di tutti i tempi. La Bohème in versione «tascabile» sarà un’esclusiva della Sagra, uno dei più antichi festival musicali d’Italia, che con il suo programma raffinato ma accessibile porta la musica sacra, la musica classica e l’opera lirica al grande pubblico. Il progetto, per la prima volta su un palco, debutterà venerdì 13 settembre al Teatro Morlacchi di Perugia con l’Orchestra da Camera di Perugia diretta dal maestro Enrico Bronzi. Le scenografie saranno firmate da Giacomo Cossio, la regia e la formazione dei due cast, composti da giovani artisti provenienti da tutto il mondo, è a cura di Terranova, tenore affermato che ha calcato i più grandi teatri di Opera, dal Teatro alla Scala di Milano al Covent Garden di Londra, impegnato nella divulgazione della tecnica vocale della scuola di canto italiana del Melodramma.


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Ma come si racconta la grande storia de La Bohème in soli 90 minuti?

«Le arie più famose e rappresentative del capolavoro pucciniano sono «cucite» da una narrazione originale per il format che guida lo spettatore nel complesso snodo drammaturgico, presentando situazioni e personaggi».

Dietro questo progetto c’è anche l’esigenza di portare bellezza in un mondo, quello della musica, che sembra averla smarrita?

«Esattamente, è un peccato che questo patrimonio musicale sia relegato soltanto a una nicchia di appassionati. Dovremmo riuscire a raccontare l’opera “a pezzetti” e non solo le arie, dal momento che cantare solo le romanze famose non porta la gente all’opera. Se, invece, noi la raccontiamo mostrando al pubblico delle parti di opera e, quindi, riusciamo a far vedere in un tempo breve l’intera opera, possiamo far capire veramente quello che i grandi maestri come Puccini, Verdi e tanti altri, hanno creato».

Potrebbe essere questo un modo per dimostrare come l’intellettualismo non sia necessariamente sinonimo di noia?

«L’intellettualismo diventa noioso quando diventa radicale, quando diventa fanatismo e sminuendo gli altri e ostentando il proprio sapere. Un atteggiamento non bello che rende la cultura “antipatica”. Dovremmo, invece, creare empatia con la cultura alta, cercando di farla arrivare alle persone, a pubblici vasti, perché la bellezza vera è quando qualcosa di unico diventa universale e tutti possiamo goderne. Ecco perché le opere liriche sono belle: perché sono universali e, quindi, patrimonio di tutti. Oggi l’opera è diventata patrimonio immateriale dell’umanità ma in realtà dovrebbe essere patrimonio “materiale”, cioè bisognerebbe renderla accessibile, così come si è fatto con il teatro. Queste Operacorto hanno l’obiettivo di avvicinare un pubblico nuovo, che non conosce ancora l’opera tradizionale, ma che potrà amarla».

Come mai nella musica più si va avanti e più si cercano contenuti semplici, immediati, alle volte perfino elementari?

«Più si va avanti e più si cercano cose semplici nella musica perché bisogna vendere, bisogna “fare i numeri”. Anche noi stiamo accorciando e semplificando, certo, ma nel nostro caso, però, lo stiamo facendo perché stiamo cercando di far fruire un prodotto alto, senza però abbassare la qualità di ciò che facciamo, ma cercando invece di avvicinare coloro che ancora non hanno dimestichezza con questo genere. Per fare questo bisogna cercare un modo semplice di raccontare l’opera, un linguaggio facile che possa renderla facilmente comprensibile a un pubblico più ampio, insomma dobbiamo smettere di utilizzare sempre un linguaggio difficile e credere che le cose belle siano solo quelle sofisticate. L’opera non è sofisticata, ma popolare. Il problema è che ha un linguaggio antico, aulico, e, quindi, un po’ lontano dal pubblico di oggi, dalla generazione che si intrattiene su TikTok. Anche per questo oggi le regie in tutto il mondo cercano di modernizzare l’opera, per avvicinarla alle nuove generazioni ma, a parer mio, non è tanto il fatto di modernizzare i costumi quanto di raccontarla e farla capire. L’opera è troppo bella perché sia dimenticata e a costo di tagliarla e farla rientrare in un reel, io non mollerò mai!»

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