Ilva di Taranto, il processo per disastro ambientale riparte da zero a Potenza. I giudici di appello: «In città il contesto non era sereno»

In primo grado i fratelli Riva erano stati condannati a 20 e 22 anni di carcere

La Corte d’assise d’appello di Lecce, sezione distaccata di Taranto, ha annullato la sentenza di primo grado del processo “Ambiente Svenduto”, che coinvolge 37 imputati e tre società, accusati del presunto disastro ambientale legato alla gestione Riva dell’ex Ilva. In primo grado i Riva erano stati condannati a 20 e 22 anni. Accogliendo la richiesta delle difese, il procedimento è stato trasferito a Potenza, poiché i giudici di Taranto, sia togati che popolari, che avevano emesso la sentenza iniziale, sono stati considerati potenzialmente «parti offese» nel caso, come richiesto da alcune difese che avevano sottolineato come a Taranto il contesto non fosse sereno per una decisione. La Corte ha quindi inviato gli atti alla procura di Potenza per le procedure di competenza.


La sentenza (annullata) di primo grado

In primo grado la Corte d’Assise aveva condannato 26 persone tra dirigenti della fabbrica, manager e politici, per circa 270 anni di carcere. Tra questi anche i Riva. La Corte aveva stabilito la confisca degli impianti dell’area a caldo e l’equivalente dell’illecito profitto nei confronti delle tre società Ilva spa, Riva fire e Riva forni elettrici, per una somma pari a 2,1 miliardi. Il presidente della Corte d’assise d’appello Antonio Del Coco, affiancato dal giudice Ugo Bassi e dalla giuria popolare, depositerà le motivazioni dell’annullamento della sentenza di primo grado entro 15 giorni.


Bonelli: «Morti non hanno responsabilità? Questa non è giustizia»

Tutto da rifare quindi con il trasferimento del procedimento a Potenza. Per questo il deputato di Avs Angelo Bonelli non ci sta: «Sono esterrefatto. L’inquinamento è stata un’invenzione? Morti e malattie non hanno responsabilità? Questa non è giustizia. Con questa decisione, su Taranto si infligge l’ennesima ferita dopo il disastro sanitario». Bonelli in una nota descrive l’inquinamento provocato dall’Ilva come «uno dei disastri sanitari e ambientali più gravi della storia italiana ed europea, che ha causato troppe vittime, soprattutto tra i bambini. L’indagine epidemiologica dell’Istituto Superiore di Sanità lo conferma in maniera inequivocabile». Per il deputato la sentenza di oggi è «una ferita inferta a chi ha già pagato un prezzo altissimo con la propria salute e con la propria vita».

Le proteste della parte civile e del Codacons

Da una parte chi è preoccupato dall’altra chi si muove già per le carte bollate. Per l’avvocato Gian Luca Vitale, patrono di parte civile per Slai Cobas e Medicina Democratica, il trasferimento del procedimento «rischia di diventare un pericolosissimo precedente, un’arma in mano agli inquinatori». «Ora come ora – denuncia l’avvocato – siamo del parere che accogliendo le eccezioni dei difensori degli imputati la Corte di Taranto rischia di mettere una pietra tombale sul più grande processo per disastro ambientale celebrato in Italia». Il Codacons, l’associazione dei consumatori, parla di «delusione» e promette battaglia: «In Italia sembra esserci licenza di uccidere in nome del profitto. Presenteremo un esposto contro i giudici che hanno emesso la sentenza annullata dalla Corte, affinché siano accertate le relative responsabilità nella vicenda giudiziaria».

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