Trinità dei Monti, la Soprintendenza: «È un luogo pubblico, appartiene a Roma». La Corte dei Conti francese: «Il rapporto? Solo un chiarimento»

Il sovrintendente capitolino: «Polemica senza fondamento». Il presidente della Pierre Moscovici: «Vogliamo sapere di più sulla situazione dei beni»

Se la Francia vuole la scalata di Trinità dei Monti allora che dire del patrimonio artistico “italiano” diffuso per i Paesi europei? Da quando la Corte dei Conti di Parigi ha inserito nella ricognizione del patrimonio immobiliare di proprietà dello Stato francese a Roma proprio la scalinata di fronte piazza di Spagna, le ironie e le polemiche si sono sprecate. Il presidente della Corte dei Conti, Pierre Moscovici, ha però chiarito all’Ansa: «Voglio tranquillizzare i nostri amici italiani: il rapporto chiede solo un chiarimento sulla situazione dei beni, e quando si chiarisce è sempre positivo».


Moscovici: «Senso del rapporto deformato»

«Sono davvero molto stupito che si possa interpretare e deformare il senso di un rapporto della Corte dei Conti francese», ha dichiarato Moscovici. La ricognizione si rivolge infatti «ai francesi e in particolare ai “Pieux Etablissements” per la loro gestione dei beni religiosi in Italia». E non rivendica quindi alcun possesso sul monumento edificato fra il 1723 e il 1725. «Ci possono sempre sempre delle ambiguità ma la Corte chiede un chiarimento della situazione come amministratore», prosegue Moscovici, «non c’è e non ci potrebbe essere in un rapporto della Corte dei Conti alcuna intenzione di fare qualcosa di quei beni gestiti per secoli, nessuna intenzione di privatizzare, o di svuotare del significato che quegli immobili hanno. I giudici chiedono soltanto che quegli antichi accordi tra Francia e Santa Sede siano oggi chiariti. Si tratta di accordi di secoli fa, che devono adattarsi al tempo presente. Insomma, l’obiettivo è mettere d’accordo il diritto con i fatti».


Il sovrintendente: «Non c’è nessuna pretesa»

«È una polemica senza fondamento perché non c’è nessuna pretesa da parte francese», ha spiegato il sovrintendente capitolino ai Beni culturali Claudio Parisi Presicce. «La Scalinata è un luogo monumentale e di altissimo valore artistico ma è anche un passaggio pubblico ed è quindi senza discussioni parte integrante di Roma capitale d’Italia», ha ribadito il sovrintendente. Che ha anche spiegato: «Su questa vicenda mi pare ci sia un po’ di confusione ed è importante innanzitutto separare le valutazioni della Corte dei Conti francese nei confronti dell’amministrazione dei “Pieux établissements de la France a Rome” dalla gestione della scalinata di Trinità dei Monti». L’opera infatti «dal Novecento in poi è sempre stata mantenuta, restaurata e gestita in tutti gli aspetti dalle amministrazioni comunali di Roma», ha chiarito il sovrintendente. Una manutenzione andata avanti fino ai giorni nostri e sempre aggiornata: «Solo nel periodo più recente ricordo i due importanti restauri del 1995 e poi del 2014 e i continui interventi di manutenzione e ripristino effettuati sempre da Roma Capitale su uno dei luoghi più iconici della città, divenuto simbolo indiscusso della Roma moderna, frequentato giornalmente da migliaia di persone». Conclude infine chiudendo ogni polemica: «Per la sua realizzazione ci fu contributo economico francese che comunque non coprì tutte le spese».

Le “rivendicazioni” di Vinceti

All’Adnkronos era intervenuto anche lo scrittore e ricercatore storico Silvano Vinceti che ha lanciato una campagna per la restituzione temporanea all’Italia della Gioconda, esibita al Louvre, per realizzare una mostra eccezionale. «Siamo di fronte a un fatto che dire bizzarro è poca cosa», aveva commentato Vinceti. La ricognizione aveva sorpreso l’esperto che aveva scelto l’ironia per rispondere, non credendo alla serietà della proposta: «Se si accetta tale rivendicazione come una cosa seria, allora il governo italiano potrebbe rivendicare tutte le costruzioni che gli antichi Romani hanno realizzato nei secoli in diversi stati del Mediterraneo e credo anche in Francia, pagate con soldi pubblici da parte dell’Impero Romano». E che dire poi del bottino di Napoleone durante le sue conquiste in Italia: «Se si accetta tale rivendicazione, allora il governo dovrebbe svolgere un pressante richiesta per far pervenire in Italia parte delle opere selvaggiamente portate in Francia da Napoleone come bottino di guerra», spiega Vinceti. Lo storico aveva anche fatto riferimento all’opera che tanti sognano di rivedere in un museo italiano accampando presunti furti francesi: la Gioconda. «Credo che la vendita della Gioconda a Francesco I Re di Francia sia ancora avvolta da scarsità di documenti storici che certificano l’avvenuta vendita da parte dell’allievo di Leonardo, Francesco Melzi, dopo la morte del suo maestro».

Foto di copertina: Chris Hill su Dreamstime.com

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