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Caselli: «In Italia la politica non accetta di esser giudicata. Criticare un magistrato è diventata un’abitudine»

15 Settembre 2024 - 10:02 Redazione
Le parole del magistrato di lungo corso sui quotidiani sul processo Open Arms che coinvolge Salvini

«È diventata un’abitudine quella di criticare un magistrato. Così facendo si realizza un paradosso. Chi fa il suo dovere anche nei confronti di un politico, indagandolo per questo o quel reato, finisce a sua volta sul banco degli imputati ed è paradossalmente accusato lui di fare politica». A dirlo è Gian Carlo Caselli, ex procuratore di Palermo e Torino, magistrato di lungo corso, in un’intervista al Corriere della Sera dove commenta il caso Open Arms e la richiesta di condanna per il ministro Matteo Salvini, con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni che parla di fatto di accuse gravissime e incredibili.

Caselli su Toti: «Chi patteggia riconosce che le accuse a suo carico non possono esser smontate facilmente»

«Al solito: il problema è il magistrato che osa indagare sul politico», commenta, aggiungendo che «ovunque nel mondo, il politico sotto accusa si limita a difendersi, magari criticando il processo ma, certo, accettando la giurisdizione. Tranne qui. Nel nostro Paese, antesignano Silvio Berlusconi, il politico ha preso l’abitudine di considerare giusto ciò che conviene e per meglio ottenere questo risultato si spinge a distorcere le parole». In una ulteriore intervista al Fatto quotidiano Caselli ribadisce il concetto: «Se Meloni interviene a piedi giunti su un processo in corso, bisogna essere qualcosa in più di un giudice intellettualmente onesto per fare il proprio lavoro, nell’unico Paese al mondo dove la politica non accetta di essere giudicata». E poi un commento sul patteggiamento dell’ex presidente della regione Liguria Giovanni Toti: «Si patteggia quando non si è convinti di poter dimostrare la propria innocenza. Chi patteggia riconosce che le accuse a suo carico non possono essere smontate facilmente, ci sono degli elementi probatori robusti. Dire che invece così viene smontato il teorema della procura, l’imputato vince e la procura è asfaltata, è appunto distorcere il significato delle parole, non per far passare una verità, ma far passare quel che conviene a me».

(in copertina Gian Carlo Caselli durante la presentazione del libro di Enrico Giovannini “L’utopia sostenibile”, Roma, 14 marzo 2018. ANSA/MASSIMO PERCOSSI)

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