Flop da un miliardo di dollari de Il Signore degli Anelli – Gli anelli del potere: solo il 37% di chi ha cliccato ha finito la prima puntata

Solo poco più di 900mila utenti hanno guardato la prima puntata della seconda stagione entro i primi quattro giorni, esattamente la metà di quanti hanno guardato la prima puntata della prima stagione entro due giorni. Quindi la metà degli spettatori nel doppio del tempo

Negli ultimi giorni si sta scatenando un putiferio social su Il Signore degli Anelli: gli anelli del potere, uno scherzetto di serie ispirata all’opera di J. R. R. Tolkien da un miliardo di dollari, tanto a Jeff Bezos è costato l’impulso di pareggiare i conti con HBO per avere un proprio fenomeno seriale fantasy in stile Game of Thrones, un obiettivo ad oggi certamente mancato. Lo suggerisce la percezione, Gli anelli del potere non ha mai creato nel pubblico la stessa irrefrenabile hype generalista, quindi oltre il target degli appassionati del genere, di GoT, ma è diventato un prodotto di settore, di nicchia, forse non un risultato in grado di rendere giustificabile il più importante investimento finora fatto nella storia delle serie tv. Ma il problema sembra essere ancor più grave, perché le puntate della seconda stagione, rilasciate settimanalmente dal 29 agosto, naturalmente su Amazon Prime Video, secondo quanto scrive Hollywood Reporter USA, non avrebbero scatenato chissà quale valanga di stream, anzi, pare che appena il 37% degli utenti che hanno cliccato play poi sia arrivato effettivamente alla fine dell’episodio, e anche che (dato di Samba Tv, società che offre approfondimenti in tempo reale e analisi del pubblico) solo poco più di 900mila utenti hanno guardato la prima puntata della seconda stagione entro i primi quattro giorni, esattamente la metà di quanti hanno guardato la prima puntata della prima stagione entro due giorni. Quindi la metà degli spettatori nel doppio del tempo. Dati oggettivamente sconfortanti, perlomeno messi in relazione ad un investimento a nove zeri, investimento bocciato senza riserve anche dal critico del Guardian, che scrive: «Spesso non è neanche lontanamente un buon prodotto. Ci sono dei momenti, capita in quasi ogni episodio, in cui mi sono ritrovato a ridacchiare sotto i baffi per quanto ciò che stavo guardando mi sembrava inetto. I dialoghi sembrano un po’ forzati, pieni di coincidenze narrative goffe e maldestre».


La risposta

Questa visione pessimista della serie non è condivisa da Jennifer Salke, capo degli Amazon MGM Studios, che in una lettera interna all’azienda scrive: «Guardando al secondo weekend di lancio, secondo i nostri parametri principali, la serie sta dimostrando di essere un altro enorme successo: 40 milioni di spettatori hanno già visto la seconda stagione. Abbiamo anche osservato – continua la manager – che decine di milioni di spettatori hanno rivisto la prima stagione a partire dai primi di agosto. E una parte significativa del nostro pubblico proviene da fuori gli Stati Uniti, il che dimostra il forte appeal globale dello show e la crescita straordinaria degli utenti Prime Video nel mondo». Nel frattempo una terza stagione è già in fase di scrittura e verrà certamente prodotta, Patrick McKay, uno degli showrunner dello show ha dichiarato: «Lasciateci cucinare!». Robert Thompson, direttore del Bleier Center for Television and Popular Culture alla Syracuse University inoltre ha minimizzato il valore di questi dati, sostenendo che nell’epoca degli show in streaming, non si sa mai quando una serie verrà vista e magari improvvisamente portata al successo, potrebbe capitare anche a distanza di anni. Ha ragione? Noi in Italia, avendo un caso straordinario in casa nostra, diremmo di si, ci riferiamo a Boris, il piccolo capolavoro firmato Giacomo Ciarrapico, Mattia Torre e Luca Vendruscolo andato in onda nel 2007 su Sky ma cui successo è esploso quando Netflix lo ha reso disponibile in streaming durante il primo lockdown. Certo, c’è da dire, Boris non è una serie costata un miliardo di dollari.


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