Ue, la nomina di Fitto è una vittoria per l’Italia? L’incognita sui fondi Pnrr e il ruolo del falco Dombrovskis

Meloni esulta per la promozione del ministro a vicepresidente della Commissione. Ma von der Leyen gli affianca il lettone e chiude a nuovi progetti di debito comune

Da Strasburgo – Eureka, disse Meloni. Il volto di Raffaele Fitto campeggia sorridente nella prima slide che Ursula von der Leyen mostra in conferenza stampa al Parlamento europeo, quella dedicata ai vicepresidenti esecutivi che le saranno accanto nei prossimi cinque anni. Tanto basta alla presidente del Consiglio e allo stato maggiore di Fratelli d’Italia per precipitarsi a rivendicare il successo: altro che tagliata fuori, l’Italia (e Ecr) entra nella cabina di comando della prossima Commissione. «Congratulazioni a Raffaele Fitto per la nomina a Vice Presidente Esecutivo della Commissione europea con delega alla Coesione e alle Riforme. Un riconoscimento importante che conferma il ritrovato ruolo centrale della nostra Nazione in ambito UE. L’Italia torna finalmente protagonista in Europa», twitta Meloni pochi minuti dopo l’annuncio di von der Leyen. E i capigruppo di FdI e Ecr al Parlamento europeo, Carlo Fidanza e Nicola Procaccini, le fanno eco poco dopo da Strasburgo sottolineando la loro «grande soddisfazione» per il risultato ottenuto. Ma il diavolo sta nei dettagli, più che nei titoli. Di che si dovrà occupare esattamente Fitto? A quali «riforme» esattamente allude il suo portafoglio? E sopratutto, avrà o meno la supervisione anche sull’impiego delle centinaia di miliardi di fondi dei Pnrr ancora da indirizzare?


La lettera d’incarico a Fitto

Il mistero regna sovrano (appunto) per un paio d’ore, con gli stessi colonnelli di FdI ad ammettere di non conoscere la risposta. Circola il dubbio che in cambio della vicepresidenza esecutiva von der Leyen abbia rifilato al rappresentante italiano una delega “svuotata” di peso strategico. Poi a fine mattinata la Commissione pubblica le lettere d’incarico che fissano il mandato specifico di ciascun nuovo membro designato del Collegio. E le perplessità sembrano evaporare. «Realizzare le riforme e gli investimenti concordati stabiliti nei Pnrr dei Paesi Ue entro la scadenza del 2026 sarà una sfida significativa e richiederà sforzi costanti da parte di tutti i Paesi e della Commissione. Vorrei che tu guidassi questo lavoro, insieme al commissario per l’Economia e la produttività, e ti concentrassi sull’implementazione completa e di successo di Next Generation EU», scrive von der Leyen nella lettera d’incarico a Fitto. Tradotto: l’ex governatore pugliese sovrintenderà al dispiego dei fondi Pnrr – da spendersi entro fine 2026 come previsto, non un giorno di più – braccio a braccio con Valdis Dombrovskis. Il 53enne lettone, veterano della Commissione in cui siede dal 2014, perde i gradi di vicepresidente nel nuovo quinquennio, ma si prepara ad assurgere a vero e proprio zar dell’Economia Ue. Sarà lui, noto difensore di politiche di bilancio austere, a sovrintendere all’implementazione delle regole fiscali del nuovo Patto di stabilità. Una bella gatta da pelare per il governo italiano che Fitto s’appresta a lasciare.


Il falco Dombrovskis rovina la festa a Meloni

Col dirigente FdI il lettone si occuperà dunque di guidare il treno dei rimanenti fondi Next Generation EU, «assicurando l’implementazione che l’implementazione dei Pnrr acceleri in vista della deadline del 2026 per la loro spesa», si legge nella sua, di lettera d’incarico. Come dire che il maxiprogetto d’indebitamento comune lanciato in piena modalità d’emergenza per rispondere alla calamità del Covid-19 e dei lockdown andrà presto ad esaurirsi. E non s’intravede spazio, nella visione di von der Leyen scolpita nelle due lettere, per nuovi progetti d’indebitamento comune, come molte voci dentro e fuori l’Ue auspicavano negli ultimi mesi, ultimo solo in ordine di tempo Mario Draghi nel suo rapporto sulla competitività europea. A Fitto insomma, considerata pure la richiesta di «assicurare che l’Ue continui a sostenere le riforme e gli investimenti che contribuiscono direttamente a rafforzare la crescita europea», oltre che di guidare le politiche di coesione e i rapporti con le città e regioni d’Europa, von der Leyen affida un portafoglio d’innegabile peso economico. Con l’altra mano però affianca al futuro vicepresidente italiano (Parlamento europeo permettendo) il falco dei conti Dombrovskis e chiude in prospettiva a qualsiasi riedizione del programma Next Generation EU. Oggi Meloni sorride, nei prossimi anni chissà.

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