Festival di Open, Francesca Michielin porta sul palco «Maschiacci»: «Donne nella musica? Ancora discriminate» – L’intervista
Sabato 21 alle ore 20.30 il Festival di Open ospiterà a Parma una puntata speciale live di Maschiacci, il podcast grazie al quale Francesca Michielin è diventata una delle più autorevoli voci in tema di femminismo moderno e lotta al patriarcato. Di questo si parlerà insieme alle sue ospiti sul palco di Piazza Garibaldi: Ditonellapiaga, vincitrice di una Targa Tenco per la migliore opera prima per il bellissimo Camouflage, che ha conquistato il largo pubblico italiano grazie alla sua partecipazione al Festival di Sanremo in coppia con Rettore ; e Angelica, cantautrice intensa, talentuosa, fuori lo scorso marzo con l’album Sconosciuti superstar, particolarmente apprezzato dalla critica. Insieme a loro, Francesca Michielin affronterà il tema della discografia italiana, alle prese con un grave problema riguardante una visione, quella femminile, che indubbiamente manca.
Perché oggi è così importante parlare della situazione delle donne nella musica italiana?
«Perché abbiamo a che fare con una realtà ancora non felicissima. Rispetto al passato ci sono stati dei peggioramenti dal punto di vista dei numeri ma dei miglioramenti dal punto di vista della percezione e della consapevolezza. Secondo me parlarne aiuta a capire qual è lo stato dell’arte delle cose e a esserne coscienti perché se vedi una cosa ma non le dai un nome e non la sai visualizzare, rischi di viverla passivamente»
Qual è il tuo obiettivo portando questo argomento, con una puntata speciale live del tuo podcast Maschiacci, al Festival di Open?
«L’esperienza di Maschiacci live ha come obiettivo quello di coinvolgere anche il pubblico che in quest’occasione potrà fare domande in diretta. Sicuramente il fatto di avere più persone presenti sul palco che interagiscono – normalmente infatti Maschiacci ha un solo ospite e dei contributi – è importante per creare un momento di condivisione e confronto molto pragmatico»
Quale influenza può avere nella nostra cultura pop il fatto che la musica italiana sia di fatto in mano agli uomini?
«Favorisce quello che è il male gaze cioè “lo sguardo maschile” sulle cose. Se non c’è una donna in una posizione di CEO di una discografica o al vertice della direzione artistica di un programma televisivo musicale, risulta difficile porsi determinati interrogativi e fornire le prospettive corrette. Dove c’è un lavoro paritario si ottengono i risultati migliori, anche per influenzare le nuove generazioni»
Negli ultimi anni si sono sviluppati parecchi movimenti per pareggiare il potere maschile nella musica italiana, vedi la situazione migliorata?
«Negli ultimi anni si parla di più di questi temi e quindi si riesce anche a fare passi avanti: a far notare certe cose e a rendere le artiste più sicure di loro stesse. Però è pur sempre vero che esiste ancora il cosiddetto “soffitto di cristallo”, non è stato sfondato e non possiamo sfondarlo da sole. Serve veramente un’educazione della discografia, degli addetti ai lavori di sesso maschile. Ben vengano questi dibatti, i dibatti sui social, ben vengano articoli che ne parlano»
Qual è la prima cosa che secondo te dovrebbe accadere per cominciare un percorso di reale parità sessuale nel mondo della musica italiana?
«Secondo me più presenza delle donne nel mondo della musica. Più presenza significa più rappresentanza che porterebbe a normalizzare il fatto che le donne abbiano certi ruoli e abbiano un certo valore. Rendendo più femminile la pop culture si riuscirebbe anche ad aumentare la presenza delle donne nelle classifiche»
Quali sono i limiti più stringenti che senti in quanto cantautrice?
«Sono i bias, i pregiudizi, che hanno gli altri nei miei confronti e che dunque sono portata a introiettare. Personalmente lavoro tanto sulla mia autostima perché ne ho pochissima. Non credo molto nelle mie risorse perché mi è stato insegnato che ne ho poche, che vendo meno degli uomini, che devo accettare determinate condizioni per lavorare. Se si iniziasse a rivoluzionare il pensiero, il linguaggio, fin da piccoli, fin da quello che i bambini e le bambine vedono in tv o ascoltano in radio, cambierebbe davvero la coscienza di quello che una persona può fare. Come cantautrice mi sembra di avere ancora poca autorevolezza e di essere presa poco sul serio per la mia arte. Mi sembra sempre di dover dimostrare qualcosa»
Hai mai vissuto nel tuo lavoro episodi che ti hanno fatto sentire in qualche modo discriminata in quanto donna?
«Mi sono spesso sentita discriminata in quanto donna, ad esempio nella parte autorale, nelle canzoni. Sembra sempre che anche se hai scritto i ritornelli, hai scritto le strofe, hai prodotto e arrangiato, ci sia una lotta per i punti della SIAE, per avere un riconoscimento come autrice. Mi è successo mille volte, il fatto di essere oltre che donna anche giovane ha sempre reso tutto un calvario. Mentre un produttore, un autore maschio quasi rivendica automaticamente di avere voce in capitolo nella parte autorale, per le donne è sempre complicato. Sembra ti stiano facendo un favore»
Dopo molti anni di riflessione sul tema, sei riuscita a darti una motivazione su questa disparità?
«Dopo tutti questi anni di lavoro sono convinta sia dovuta anche a una mancanza di educazione del pubblico»
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