Meloni a Confindustria, il Green Deal «da correggere» e la fiducia nella crescita del Pil: «Dobbiamo essere pronti al cambiamento» – I video
Dal Green Deal al Prodotto interno lordo, da Fitto nuovo vicepresidente esecutivo al “piano Draghi” per l’Europa. Quaranta minuti, è la lunghezza del discorso che la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha tenuto stamattina a Roma in occasione dell’assemblea 2024 di Confindustria. Dal palco dell’Auditorium Parco della Musica la premier ha ripetute volte elogiato il presidente di Confindustria Emanuele Orsini: «Condivido molti spunti e proposte, così come l’analisi di scenario e le proposte e sui rischi che l’economia italiana ed europea corrono». Uno dei punti chiave, ripreso proprio da Meloni, è la battuta che Orsini dedica al Green Deal, il pacchetto di iniziative proposte a livello europeo per tentare di raggiungere il net zero delle emissioni entro il 2050.
Il Green Deal? «Risultato disastroso di un approccio ideologico»
«Le transizioni pongono fondamentali quesiti: industriali, politici ed etici che non possiamo più ignorare», aveva detto qualche minuto prima il presidente dell’organizzazione degli industriali. «Il green deal è impregnato di troppi errori che hanno messo e mettono a rischio l’industria. Noi riteniamo che questo non sia l’obiettivo di nessuno. La decarbonizzazione inseguita anche al prezzo della deindustrializzazione è una debacle». Una debolezza nella policy europea su cui si sofferma anche la premier, sottolineando i «risultati disastrosi frutto di un approccio ideologico al green deal europeo». Il passo successivo, però, non è l’abbandono del proposito bensì «l’impegno per correggere queste scelte». Senza risparmiare stoccate, soprattutto ai più oltranzisti sostenitori del Patto verde: «Lo vogliamo dire che è non intelligentissima come strategia? Le persone amiche dell’Europa devono avere il coraggio di dire le cose che non funzionano».
La transizione ecologica e il richiamo a Draghi
È necessario dunque, secondo la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, effettuare la transizione energetica assicurandosi di non mettere a rischio la crescita. E qui cita Mario Draghi e il suo ultimo Report sulla competitività europea: «Gli ambiziosi obiettivi ambientali devono essere accompagnati da investimenti e risorse adeguati. Non ha molto senso dotarsi di strategie e poi non creare strumenti per realizzarle: senza strumenti le cose alla fine non si riescono a fare». Ed è la premier stessa che sottolinea una possibile strada: la neutralità tecnologica. «Abbiamo bisogno di tutte le tecnologie per trasformare l’economia da lineare a circolare», è la sua posizione. Il che significa le rinnovabili, gas, biocarburanti, idrogeno, cattura di CO2. Ma anche il nucleare, che ha «la grande prospettiva di produrre, in un futuro non così lontano, energia pulita e illimitata». E la battuta finale: «Siamo la patria di Enrico Fermi. Se non lo facciamo noi chi lo deve fare? Non siamo secondi a nessuno».
Ma per compiere questa transizione è tassativo evitare lo smantellamento del settore industriale: l’impegno green «non può voler dire distruggere migliaia di posti di lavoro, smantellare interi segmenti industriali che producono ricchezza e occupazione». E come chiaro esempio cita lo stop al motore endotermico delle macchine entro il 2035, «esempio evidente di questo approccio autodistruttivo». Ma la premier rimane consapevole che la trasformazione è inevitabile: «Dobbiamo essere pronti al cambiamento in atto, che potrebbe subire un’accelerazione nel prossimo futuro. Penso al settore dell’auto, che sta uscendo dai consumi dei giovani e non è più una loro priorità. Serve una visione chiara in Italia, in Europa, nell’Occidente».
La fiducia nel futuro «ma senza trionfalismi infantili»
La premier dedica anche qualche battuta al Pil, che è previsto in crescita dell’1% nel 2024: il doppio rispetto alla media europea. «Sono fiduciosa che si possa fare qualcosa di meglio rispetto alle previsioni della Commissione», così Meloni rilancia la sfida. «Continuo a ritenere che il +1% del Pil sia a portata di mano soprattutto dopo i primi due trimestri. Ogni trionfalismo sarebbe infantile ma non era scontato dopo anni trascorsi in fondo alle classifiche». E non risparmia nemmeno di puntualizzare come sia intenzionata ad aprire una nuova stagione: «Non ci sarà un bonus per la ristrutturazione della seconda o terza casa ne un reddito di cittadinanza. Dire basta a questo costume di gettare soldi dalla finestra per ottenere consenso facile è un vantaggio di chi dispone di una legislatura, e non un anno, per costruire la propria visione».
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