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Processo Open Arms, migliaia di messaggi di insulti e minacce contro i pm che hanno chiesto la condanna di Salvini

19 Settembre 2024 - 17:47 Ugo Milano
Marzia Sabella, Gery Ferrara e Giorgia Righi, che potrebbero ricevere delle misure di protezione, stanno valutando se perseguire civilmente e penalmente gli autori

È allarme sicurezza per i tre pubblici ministeri, Marzia Sabella, Gery Ferrara e Giorgia Righi, che il 14 settembre scorso hanno chiesto la condanna a sei anni per il vicepremier e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini, accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per avere impedito, cinque anni fa, lo sbarco dalla Open Arms con a bordo 147 migranti a Lampedusa. A seguito delle migliaia di messaggi di insulti, post diffamatori e lettere intimidatorie rivolte ai magistrati e inviate anche in Procura generale, la Procuratrice generale di Palermo Lia Sava ha lanciato l’allarme al Comitato provinciale per l’Ordine e la Sicurezza pubblica, organismo che fa capo alla Prefettura e che è deputato a decidere sulle misure di sicurezza. 

La requisitoria di sabato scorso ha infatti suscitato diverse polemiche politiche, con la premier Meloni in prima linea, e una campagna social – con minacce di morte e insulti sessisti sotto le foto delle due pm del processo – che ha allarmato la Procura. I tre magistrati interessati, che al momento preferiscono non commentare, stanno valutando se procedere in sede civile e penale contro gli autori dei post. Questi ultimi sono stati inoltre trasmessi anche alla Procura di Caltanissetta, competente a indagare nei procedimenti che coinvolgono le tre toghe.

Salvini: «Non ho nulla di cui pentirmi». La Lega organizza una raccolta firme

Nel frattempo, il leader della Lega ha ribadito la sua posizione: «Non ho nulla di cui pentirmi o da patteggiare perché ritengo di non essere un sequestratore né un delinquente, ma un ministro che ha fatto il suo dovere», ha detto Salvini in visita al 64esimo salone nautico internazionale di Genova. «Ho salvato vite, applicato la legge, difeso i confini, ridotto il numero di morti, dispersi e feriti – ha concluso Salvini -, ho ridotto anche il numero dei costi e problemi per gli italiani, difendere i confini non è un reato, sei anni di reclusione è la richiesta della pubblica accusa, ci sarà un giudice che deciderà». 

La Lega si prepara intanto a una raccolta firme in segno di solidarietà verso il suo leader, con gazebo informativi in circa trecento piazze italiane, e rilancia la campagna di tesseramento. «Stanno provando a fermarci in tutti i modi, ma noi non molliamo! Iscriviti alla Lega, aiutaci a portare il buonsenso in Italia!», il messaggio sui social del partito, che rimanda al sito, dove è anche disponibile l’elenco delle città in cui in questo fine settimana verranno allestiti i gazebo informativi. «Difendere i confini non è un reato»: lo slogan della mobilitazione, accompagnato dall’hashtag #iostoconSalvini.

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