Festival Open, Elsa Fornero: «L’occupazione migliora? Non è merito del governo». Tito Boeri: «L’assegno unico va conservato» – Il video
«Cerchiamo di non smantellare l’assegno unico. L’Europa non c’entra niente. D’altronde i lavoratori italiani che vanno all’estero sono trattati come gli altri. Cerchiamo di non discriminare. Per risolvere il problema demografico non abbiamo che la strada dell’immigrazione». Così Tito Boeri, economista e direttore della rivista Eco, sul palco del Festival di Open 2024 a Parma. Alla seconda edizione dell’evento «Le sfide del futuro» in programma in piazza Garibaldi dal 20 al 22 settembre si è parlato anche di economia e di lavoro con l’ex ministra del Lavoro Elsa Fornero, il fondatore del think tank Tortuga Francesco Armillei e l’ad di Magister Group Simona Lombardi. Il tutto nel panel «Non è un lavoro per giovani: perché l’Italia non riesce a trattenere gli under 30» moderato dalla vicedirettrice di Open Serena Danna.
Come è cambiamento il mondo del lavoro
Il professore della Bocconi spiega come sia cambiato il mondo del lavoro negli ultimi anni. Innanzitutto c’è il cambiamento tecnologico: «Gli informatici sono molto richiesti». Ma non è solo questo: «È come è cambiata la richiesta di lavoro. I giovani chiedono, per esempio, se le società fanno remote working». E poi c’è un terzo problema: il declino demografico. Come risolverlo? Innanzitutto cambiare l’approccio con il mondo scolastico: «Non possiamo sprecare capitale umano nel mondo della scuola. Gli asili nido non sono un ambito dove parcheggiare i bambini sono fondamentali e noi li perdiamo già lì». Bisogna lavorare sull’istruzione terziaria su «quella professionalizzante che c’è negli altri Paesi. Anche nel Pnrr c’erano riforme in tal senso ma stiamo andando lentamente». La formula proposta da Boeri prevede di «pagare di più i lavoratori vuol dire più produttività. Le aziende possono abbassare le tasse sui giovani. Perché non concentrare i tagli su di loro. Dai 20 anni si fiscalizzano i contributi sociali in modo da facilitare il loro ingresso». Ma l’ultima tappa da raggiungere è quella che vede anche l’attacco dritto di Boeri al governo: l’inclusione. «Questo governo non sta facendo niente sulle politiche di inclusione. Si devono portare i figli degli immigrati negli asili nido. Lì è l’ambito di socializzazione fondamentale».
Fornero: «Vogliamo un mondo del lavoro inclusivo»
«Siamo partiti da un mondo del lavoro diviso, segmentato. Le donne non c’erano, i giovani non c’erano, allora c’era io dico il segmento del maschio adulto». Parte da una rivendicazione l’economista Fornero che aggiunge: «Devo anche dire che al di là della legittima soddisfazione, il merito non è loro [il governo Meloni] se la situazione è meglio di qualche anno fa. Viene da lungo tempo. Nella continuità del nostro lavoro». Il mondo del lavoro che sogna e per cui ha lavorato Fornero è «un mondo del lavoro inclusivo, deve attrarre il più possibile. Se un ragazzo esce da una scuola deve entrare nel mondo del lavoro il più in fretta possibile». La professoressa però spiega che la propria sistemazione «si può perdere, ma si deve riavere in tempi brevi quindi non bisogna lasciare le persone senza lavoro e troppo a lungo». E qui arrivano le prime contestazioni dalla piazza: «Fa piacere essere qui senza troppi cartelli “No Fornero”», commenta l’economista. Rispetto alle generazioni passate spiega Fornero, «il ciclo di vita delle persone offre una gamma di scelte enorme». Ma, sottolinea, «rispetto a prima vedo un po’ di disorientamento nella capacità di fare queste scelte. Oggi è una scelta tragica scegliere tra un libro e i social e io temo che molte delle fragilità tra le giovani generazioni e di avere tanti ambiti di scelta ma di non essere abituati alla scelta».
Sullo stato attuale dei giovani lavoratori
«Il lavoro c’è ma a volte non basta. Spesso non consente di emanciparsi». Così Francesco Armillei parla della attuale situazioni dei giovani nel mondo del lavoro. Un periodo che considera migliore, dati alla mano, rispetto anche a un solo decennio fa: «La generazione pandemia non è la stessa cosa della generazione grande recessione, non sta vivendo le stesse dinamiche che ha vissuto la stessa generazione anni fa, nel 2014». E infatti ribadisce: «Quest’anno la disoccupazione giovanile è la metà del 2014. Un tasso di occupazione che ci riporta a 20 anni fa». Un altro dato positivo è la diminuzione dei Neet, dal 27% al 19%. Ma nonostante tutto questo i giovani italiani, rispetto agli europei, escono ancora tardi dalla casa dei genitori: «L’età media è di 30 anni, 26 anni in Europa». Rispetto a chi li ha preceduti, i giovani di oggi ricercano «un lavoro più qualificante e con più soddisfazione di carriera ed è la motivazione più alta negli under 35».
La settimana corta
Ci sono aziende che stanno già provando ad andare incontro alle nuove domande del mondo del lavoro. Sul palco di Parma Simona Lombardi, ad di Master Group, racconta il suo esperimento di settimana corta: «Certamente la pandemia ha accelerato dei processi, le persone vogliono che questo lavoro sia anche bello oltre che retribuito. Il nostro gruppo ha capito che la pandemia stava cambiando il mondo del lavoro, abbiamo pensato che forse bisognava intervenire sullo strumento del tempo». Così hanno deciso di applicare per i loro dipendenti la settimana corta: «Lavorano quattro giorni su 5 ma li paghiamo come se lavorassero 40 ore». E i risultati sono arrivati: «Abbiamo bisogno di più lavoro di qualità. La produttività è aumentata del 9% e non c’è alcun tipo della dispersione della relazione sociale».
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