La bronchiolite e il farmaco che la previene negato alle regioni del Sud: «Salva i bambini dalla terapia intensiva»

Il primario di pediatria Cardinale: l’anticorpo monoclonale ha dimostrato una discreta efficacia e supera i limiti del precedente

Per i primi di novembre il farmaco che previene la bronchiolite potrebbe arrivare anche alle regioni del Sud. Questo almeno è il piano del governo dopo l’esclusione degli enti in piano di rientro sulla sanità. E Fabio Cardinale, docente universitario e primario di pediatria ospedaliera a indirizzo pneumologico al Giovanni XXIII di Bari, chiede in un’intervista a Repubblica di non fare differenze tra regioni in piano di rientro e regioni che non lo sono, perché non è giusto che siano i pazienti a farne le spese. E di adottare una strategia di contrattazione con l’azienda distributrice del farmaco che ne consenta l’uso più ampio possibile».


Virus respiratorio sinciziale

Il virus respiratorio sinciziale «è una causa importante di ospedalizzazione, di ricoveri in alcuni casi anche in terapia intensiva. Certo, questo riguarda una piccola minoranza dei bambini. Ma significativa». E Cardinale spiega che ad aprile non serirà più: Siamo ancora in tempo, nella misura in cui il farmaco viene reso rimborsabile prima dell’avvento della stagione. E abbiamo poco tempo, se si vuole partire già a novembre». Cardinale spiega che il Nirsevimab è «un unico anticorpo monoclonale che ha dimostrato una discreta efficacia. Però era riservato a fasce di popolazioni fragili, soprattutto i grandi prematuri, ma anche i bambini con patologie croniche di base come ad esempio le cardiopatie. Il nuovo monoclonale supera i limiti del precedente. La somministrazione è raccomandata in tutti i bambini».


Il Nirsevimab

È Sanofi a produrre l’anticorpo monoclonale Nirsevimab che si trova attualmente in fascia C e che il governo vuole portare in A. «Il virus respiratorio sinciziale è l’agente principale delle bronchioliti ma anche delle broncopolmoniti del bambino in età prescolare. La bronchiolite è una patologia infiammatoria a carattere acuto, più o meno severa a seconda di vari fattori», spiega Cardinale. Il Nirsevimab, dice Cardinale, «ha dimostrato una percentuale di protezione delle basse vie respiratorie piuttosto alta, nell’ordine del 70-80 per cento. E una riduzione significativa dei ricoveri in intensiva». Ma il problema è meramente economico; «Perché si passa da un monoclonale per i bambini fragili a un farmaco da somministrare a tappeto e questo pone un tema di costi e sostenibilità».

La malattia letale

Mentre «il farmaco è stato già adoperato con successo da alcuni Paesi d’Europa come la Spagna. Per le regioni italiane in piano di rientro è stato messo un filtro. Questo vuol dire che non c’è la rimborsabilità. Chi li vuole, deve comprarli. Ma sono farmaci molto costosi». La malattia invece può essere letale: «Decessi, sia pure in numero molto limitato, ce ne sono ogni anno. Spesso si tratta di bambini molto piccoli, prematuri estremi con broncodisplasie, cardiopatie o altre fragilità. Più si assommano i fattori di rischio, più la bronchiolite può impattare». In ospedale quando circola la bronchiolite «la direzione del nostro presidio ospedaliero blocca, sia pure per alcune settimanale, i ricoveri programmati per dare precedenza a queste situazioni di emergenza».

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