Festival di Open, il caso Traversetolo e la passione per il crime: «Ad attrarre è ciò che non riusciamo a spiegarci» – Il video
Cosa rende il caso Traversetolo così interessante, fino a livelli di morbosità, per il pubblico? Una donna, questo dicono le indagini fino ad oggi, ha portato a termine una gravidanza e dopo il parto si è disfatta del bambino. A un anno di distanza l’ha rifatto, poi è partita per un viaggio. Il tutto senza coinvolgere altre persone, seppur su questo aspetto ci sia ancora molto da chiarire. «È la banalità del male ad attirare l’attenzione del pubblico. Ma anche la modalità, ossia che una donna non voglia essere madre, è inconcepibile, in particolare per un Paese come il nostro», spiega il produttore televisivo Gianluca Neri, che ha lavorato alla serie tv Yara e a Sanpa. È ospite della seconda giornata del Festival di Open, nel panel Le nuove narrazioni della cronaca nera in Italia, moderato dalla giornalista Stefania Carboni. Sul palco anche il tenente colonnello del Ris di Parma Alberto Marino, e l’autrice del podcast Direful tales Valentina Poddighe. Sul caso di Traversetolo, Neri aggiunge: «Le modalità con cui è avvenuto questo fatto lasciano sgomenti. Immagino che fra qualche anno ci saranno documentari prodotti su questo caso. Cosa attrae del crime oggi? Quello che non riesci a spiegarti. Può essere un muratore che una notte aggredisce una ragazzina, o può essere una madre che partorisce due bambini e poi parte per New York come se nulla fosse. Ecco, è quel “come se nulla fosse” che non riusciamo a spiegarci, ed è quello che fa aumentare la morbosità».
La normalità nelle scene del crimine
«Durante i sopralluoghi ne vediamo di tutti i tipi. quello che stupisce è l’apparente normalità, quegli oggetti che puoi trovare anche a casa tua», racconta il tenente colonnello Marino, «a seconda della sensibilità dell’operatore si viene più o meno coinvolti, trasportati. Bisogna essere abbastanza razionali da distinguere la componente emotiva e rimanere concentrati sull’aspetto tecnico dei rilievi». Rilievi e analisi che negli ultimi 20 anni sono stati affinati, si sono evoluti, di pari passo con lo sviluppo di nuove tecnologie. «Però è anche vero che dai primi anni 2000, da quando è nato il Ris, si sono consolidate alcune tipologie di analisi che fanno fatica ad essere superate», sottolinea, «questo perché, ad esempio, un test come quello del Dna ha raggiunto standard molto alti già da subito». C’è un falso mito che il militare vuole provare a sfatare: «È impossibile non alterare la scena del crimine. Certo, si accede in un confezionamento giuridico che ce lo permette, e quello che viene fatto viene fatto al meglio. Ma già solo levare un oggetto altera la scena».
Analogie e differenze con la cronaca nera internazionale
Poddighe si occupa di raccontare i casi di cronaca nera, coinvolgere il pubblico mettendo in luce gli aspetti più interessanti, e inquietanti di ogni storia. Ogni tanto, servendosi anche della voce dei suoi protagonisti, come nel podcast 24 Passi – La Paloma Blanca. Dal palco del Festival di Open ospitato in piazza Garibaldi a Parma, l’autrice ragiona anche delle analogie e differenze di narrazione in Italia e all’estero della cronaca nera. «Quella degli Stati Uniti viene romanzata tanto, ben di più, sono più bravi. Ma ci sono analogie: anche noi abbiamo i nostri serial killer», spiega Poddighe, «sono anni che c’è quella convinzione che ad esempio il mostro di Firenze sia Zodiac perché le modalità erano simili. Forse in Italia ci stiamo “svegliando” adesso». Secondo la podcaster, per anni il pubblico italiano si è abituato a credere che solo negli Stati Uniti, o quasi, ci fossero persone capaci di efferati crimini. E questo accadeva perché la produzione artistica – libri, film, serie tv – che copriva quegli eventi era abbondante. Ma anche in Europa, e in Italia esistono storie altrettanto pulp, altrettanto crudeli: «Abbiamo visto il male nelle serie e nei film americani, ma in realtà anche in Italia abbiamo casi di estrema violenza».
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