Torino, il liceo Volta ritirerà i telefoni all’ingresso: «I ragazzi non si guardano neanche in faccia»
Cellulare a scuola, sì o no? Un dibattito che si ripete ogni anno. Alla domanda il liceo scientifico Volta di Torino ha dato una sua risposta. Niente smartphone ai ragazzi e alle ragazze di prima e seconda liceo. I dispositivi saranno ritirati all’ingresso, intorno alle 8 di mattina, e restituiti all’uscita alle 14. Nessuna eccezione per l’intervallo. Una decisione unanime del consiglio d’istituto che ha avuto origine dall’esperienza concreta: è bastato «osservarli durante l’intervallo, molti non si alzano dal banco», ha spiegato la preside Maurizia Basili.
Per invitare a un «sano confronto tra pari»
La preoccupazione dei dirigenti scolastici è sincera: nell’età di massima socializzazione, i ragazzi rischiano di chiudersi su se stessi, anzi sui loro schermi. È il motivo per cui il progetto «no smartphone» è stato prima approvato dal Collegio docenti e poi, all’unanimità, dal Consiglio d’Istituto. Per la messa in pratica della nuova misura nell’istituto di via Filippo Juvarra 14 bisognerà solamente attendere l’arrivo dei nuovi armadietti, dove ogni giorni i telefoni saranno messi sotto chiave e custoditi. Diciotto classi del biennio, se si calcolano 25 alunni di media per classe il totale degli studenti arriva a 450. Ma, nonostante il numero, il livello di socializzazione registrato dal corpo docenti è minimo. «Non si guardano neanche in faccia», ha detto la preside Maurizia Basili.
Videogiochi, social media. «Se gli insegnanti li riprendono – ha raccontato la preside – si arrabbiano. Sostengono che quello sia il loro tempo libero». Se la circolare del ministro Giuseppe Valditara aveva disposto il divieto di utilizzo dei cellulari nelle scuole dell’obbligo e per scopi didattici, il Volta ha fatto un passo ulteriore. Non basta invitare i ragazzi e le ragazze a tenerli nello zaino perché fonte di distrazione, ha continuato la preside Basili. Anche perché sono proprio i più piccoli e i più nuovi all’ambiente liceale a rifugiarsi nello smartphone, «meno maturi sul fronte dell’autoregolazione». Una scelta probabilmente data dalla timidezza, o dalla paura di esporsi eccessivamente a chi non si conosce. Il cellulare, così, diventa facilmente scudo e rifugio, perché strumento per evitare «un sano confronto tra pari».
Strumento di distrazione, non di studio
Alla base, appunto, c’è la convinzione che «la scuola sia primariamente luogo di relazioni. E che queste siano un importante fattore di protezione, soprattutto in adolescenza». Quella stessa protezione che i più giovani tra i ragazzi troverebbero nello schermo. Il progetto «no smartphone» non sarà ovviamente automatico: richiederà uno sforzo ulteriore a docenti e al personale scolastico in genere. E, in aiuto agli adulti, la scelta degli armadietti: «Sono già adottati da un istituto di Milano: se fosse necessario utilizzare device elettronici per le attività didattiche, si useranno i tablet della scuola o il laboratorio di informatica», ha illustrato la preside Maurizia Basili. L’onere del ritiro di tutti i cellulari ricadrà sull’insegnante della prima ora, che dovrà riporli tutti in un armadietto, chiudere e consegnare la chiave in presidenza.
La scelta, già definitiva, ha trovato d’accordo molti genitori. «Lo trovo istruttivo: usandoli si perde la cognizione del tempo», ha detto il papà di un ragazzo di prima liceo scientifico. «Il telefono è pensato soltanto per svagarsi, non è usato per imparare». La scuola, secondo altri, è un «tempo di lavoro», e i ragazzi – almeno quelli di 13 e 14 anni – «non hanno la maturità per usarlo nello studio». Una mamma, però, sottolinea una criticità: «E se poi recuperano al pomeriggio?».
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